“La decisione, presa ieri a Roma dal Consiglio di Stato, ha sancito la legittimità dell’iter per l’indizione del quinto referendum consultivo sulla separazione tra Venezia e Mestre. Ora spetterà alla Regione Veneto la definizione della data e credo sia giusto venga celebrato quanto prima.
È fondamentale che i cittadini siano consapevoli che la loro scelta, in un senso o nell’altro, avrà conseguenze importanti per la Città. Ci sono decisioni che hanno la caratteristica di valere per sempre. Ciascuno di noi ne ha prese, nella vita come nel lavoro. La divisione di Mestre da Venezia è così: non si tornerà più indietro.
Ora è mia intenzione non fare campagna elettorale e non personalizzare la questione, per consentire ai cittadini, alla società civile, alle categorie e alla politica di confrontarsi liberamente sul referendum e sulle sue conseguenze che, secondo me, sarebbero drammatiche se dovesse vincere la tesi separatista. Da parte mia, continuerò a lavorare con passione per completare il programma di mandato, continuando a ridurre il debito, portando a termine i cantieri in corso e seguendo i progetti pubblici già avviati per oltre 360 milioni di euro.
Al momento della raccolta firme, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, alcune delle istanze di chi sottoscrisse quella richiesta erano una chiara e forte domanda di attenzione per le necessità di un territorio stanco, a volte umiliato e senza prospettive. Oggi, però, la situazione è completamente diversa. È cambiata l’aria che si respira in Città. Stiamo avviando milioni di euro di investimenti che si stanno traducendo in posti di lavoro per i nostri ragazzi che potranno restare qui e non essere costretti ad andarsene all’estero alla ricerca di un’occupazione. Cosa succederà a questi interventi? Chi vorrà rimanere ad investire in una città che inevitabilmente sarà bloccata per anni dalla burocrazia e dalle cause per la divisione dei beni? Quali saranno le reali conseguenze per il singolo cittadino in materia di servizi primari? Quale futuro per Casinò, trasporto pubblico, sistema museale, gestione del patrimonio e di tutto quello che riguarda la nostra città? Le nostre grandi aziende Veritas e Actv? I nostri sogni e progetti che fine faranno? Il nuovo stadio? Il palasport? Il rilancio di Porto Marghera a partire dalle bonifiche? La grande scommessa della raccolta differenziata e del ciclo dei rifiuti per promuovere l’economia circolare? Piccolo è bello, ma grande è meglio, perché solo così si compete con il mondo, con una grande città che si chiama Venezia, Stato da Mar e Stato da Tera.
È evidente a tutti che è cambiato il modo di amministrare, si è rafforzato il senso delle identità di ciascun territorio, quelle che ormai chiamiamo le “Città di Venezia”. Quelle comunità che stanno rialzando la testa dopo tanto tempo; chiunque vede i segnali di ripresa economica e sociale della Città, dal Lido a Zelarino, da Sant’Erasmo e Pellestrina a Marghera, a Favaro Veneto e Tessera.
Una decisione romana tenta di indebolire la città, secondo il principio del ‘dividi et impera’, ma Venezia ha sempre saputo fare, fin dai tempi della Repubblica Serenissima, dell’unione la sua forza. Un valore per tutti, a prescindere dall’appartenenza politica. La Storia ci insegna che Venezia, capoluogo del Veneto, Città Metropolitana ed internazionale, deve restare unita, perché solo così è fortissima.
Non ci sarà una parte politica che vince e una che perde in questo referendum, perché a perdere, in caso di seperazione, sarà l’intera Città e tutti i cittadini. Pertanto invito ad esercitare il diritto di non andare a votare, che è il modo più sicuro per mantenere unita la Citta. In questo caso, l’astensione ha un forte valore civico: quello di scegliere chiaramente di restare un unico Comune”.
Luigi Brugnaro