Referendum su taglio parlamentari, Ciro Asproso (Coalizione civica per Vicenza): voterò No perché senza altri correttivi danneggia le minoranze

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Il coronavirus e i cinesi che mangiano topi meritano di certo attenzione ma non dovrebbe essere dimenticato, a meno che il Covid 19 non faccia estinguere l’umanità, il futuro della democrazia in Italia, cioè la chiamata del “popolo” alle urne referendarie per il 29 marzo per confermare o meno il taglio dei parlamentari dopo che la richiesta, firmata da 71 senatori e depositata il 10 gennaio 2020, è stata dichiarata dalla Cassazione conforme all’articolo 138 della Costituzione: “Referendum sul taglio dei parlamentari il 29 marzo ma se ne parla poco: VicenzaPiu.com pronto a raccogliere le varie posizioni“.

Ciro Asproso, consigliere comunale di Coalizione Civica per Vicenza
Ciro Asproso, consigliere comunale di Coalizione Civica per Vicenza

È, quindi, con piacere che, dopo, Langella (Pci), Zanettin (Forza Italia), Covolo (Lega), Moretti e Zardini (PD) , che hanno dato risposte “venete”al nostro “appello (“Referendum sul taglio dei parlamentari il 29 marzo ma se ne parla poco: VicenzaPiu.com pronto a raccogliere le varie posizioni“), diamo spazio al primo consigliere comunale di Vicenza che leva lo sguardo oltre l’orizzonte dell’informazione oggi virale e ospitiamo l’opinione di Ciro Asproso, capogruppo di Coalizione Civica per Vicenza.

 

Il 29 marzo prossimo, a meno di un rinvio obbligato per il dilagare del coronavirus,  gli italiani saranno chiamati a votare per un nuovo Referendum. La Corte di Cassazione ha infatti convalidato la richiesta di ricorrere al giudizio popolare, presentata da 71 senatori, avverso al testo di legge costituzionale che introduce il taglio dei parlamentari.

Stando ai sondaggi sembra che la vittoria dei SI sia scontata: l’86% degli intervistati si è detta favorevole al ridimensionamento, accogliendo in tal modo le motivazioni addotte dal Movimento 5 Stelle, che più di tutti si è battuto per limitare i “privilegi della casta” e per ridurre i “costi della politica”.

Ma andiamo a vedere più da vicino in cosa consistono questi costi: se consideriamo che nel triennio 2018-2020, per pagare indennità e rimborsi a 630 deputati lo Stato spende ogni anno 144,9 milioni di euro, ricaviamo un costo annuo di 230 mila euro a deputato. Il senato spende invece 249.600 euro l’anno per ogni senatore.

La prevista riduzione di 230 deputati e 115 senatori – ottenuta modificando gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione – produrrebbe quindi un risparmio per le casse dello Stato di 81,6 milioni di euro l’anno; l’equivalente di un giorno di spese militari e lo 0,005% del nostro debito pubblico.

In sé tagliare il numero dei parlamentari non ritengo che sia una cosa sbagliata, quello che non mi ha mai convinto è la narrazione demagogica e populista che è fiorita intorno ad esso. Far credere agli italiani, come ha fatto Di Maio, che sarebbe vitale questa riduzione di 100 milioni di euro l’anno, e dunque di un miliardo di euro in dieci anni, è una balla colossale. Ma più di questo, ciò che davvero mi preoccupa è la sistematica campagna di delegittimazione della politica, messa in atto dai pentastellati con il concorso della Lega e di buona parte del centrodestra.

Al contrario, mi pare del tutto evidente che “l’uno vale uno” è solo una pericolosa mistificazione, e che la piattaforma Rousseau (oltre ad angosciarmi per le troppe opacità), non potrà mai sostituirsi alla rappresentanza parlamentare.

Detto questo, se davvero si vuole riformare il sistema, non ci si può limitare a rimandare a casa un po’ di deputati e senatori; bisogna prima affrontare il tema del bicameralismo paritario evitando la doppia funzione per Camera e Senato, poi bisogna metter mano ai regolamenti parlamentari e, infine, occorre tutelare i partiti minori, che saranno i più penalizzati dalla modifica in quanto avranno maggiori difficoltà ad ottenere dei seggi nelle Regioni meno popolose.

Al Senato, infatti, la distribuzione dei seggi avviene a livello delle singole Regioni e quindi il quorum si alza laddove i seggi da distribuire sono pochi, il che favorisce i partiti più grandi.

In conclusione, questa modifica è un gran pasticcio e si fonda su dei presupposti sbagliati, il mio giudizio è profondamente negativo e di conseguenza al Referendum il mio voto sarà per il NO.

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