Si è riusciti a votare in tempi di pandemia? Nonostante le garanzie del governo, secondo cui anche chi è in quarantena avrebbe potuto esercitare il proprio diritto costituzionale, per molti non è stato così. Questo non è accaduto e consideriamo quanto accaduto un vero e proprio vulnus democratico. “Io ho votato in quanto ricoverato in ospedale – dichiara Maurizio Acerbo, Segretario nazionale PRC-S.E.- altrimenti avrei avuto problemi, nonostante il malessere, anche a fare un tampone e, se fossi uscito per votare avrei messo a rischio la salute altrui”.
“A me non è stato permesso votare dal domicilio nonostante ne avessi fatto richiesta ufficiale – continua Paola Nugnes, senatrice del gruppo misto in rappresentanza del PRC-S.E. – Mi sono trovata in un caos assoluto, che mi ha tenuta giorni inchiodata tra mail e telefono, il parere del medico di base non veniva considerata e la Asl non rispondeva, si rimandavano decisioni a un elenco di medici incaricati che non è stato neanche mai diffuso. Quello che resta è che a me, a mio marito e a molti altri miei concittadini, non è stato permesso di esercitare il proprio diritto di voto, tenendo conto del fatto che gli scrutatori itineranti che dovevano andare di casa in casa avevano ricevuto disposizioni di procedere secondo l’ordine di comunicazione e di fermarsi allo scoccare delle ore 15, chi dentro è dentro, chi fuori è fuori ” “La discrezionalità, che non dovrebbe riguardare mai un diritto costituzionale, che è stata messa, arbitrariamente, nelle mani di chi ha potuto decidere chi votava e chi no, ci inquieta. Avremo modo di appurare al più presto quanti sono coloro a cui è stato negato il diritto al voto, indipendentemente dalle proprie posizioni politiche – commentano i due – e per quanto ci riguarda questa violazione dei diritti non deve restare impunita”