Una sequenza che hanno visto in pochi e infatti non se ne è saputo nulla, ma si tratta di due forfait a dir poco irrituali, che raccontano di un crescente imbarazzo nei principali partiti di governo in vista del referendum del 20 e 21 settembre. La rinuncia dei Cinque stelle a mettere la faccia su una riforma fortemente voluta (la riduzione dei parlamentari da 945 a 600) è una sorpresa che potrebbe preludere ad un impegno a mezzo servizio. E quanto al Pd, l’assenza alle Tribune Rai è solo l’ultimo atto di uno “squagliamento politico” sul fronte referendum, che sinora ha consentito a Nicola Zingaretti di non dire chiaro e tondo se il suo partito è per il Sì. O se all’ultimo momento glisserà sulla “libertà di coscienza”.
Un atteggiamento ondivago che ha prodotto un fenomeno del tutto inatteso, che è la vera “notizia” di questi giorni: a sinistra – in modo carsico, spontaneo e non organizzato – si è sviluppata una diffusa corrente di opinione a favore del no al taglio dei parlamentari. L’aspetto più originale sta nell’identità frastagliatissima di questo fronte: organizzazioni della sinistra tradizionale come l’Anpi e l’Arci, ma anche i ragazzi delle Sardine; intellettuali come Alberto Asor Rosa, Mario Tronti, Massimo Cacciari ma anche decine di migliaia di “mi piace” che sulla Rete stanno gratificando i fautori del No.
Certo, questo smottamento a sinistra per ora non illude i fans del No sulla possibilità di una vittoria, anche perché il taglio dei parlamentati è passato alla Camera col 97,1 per cento di voti favorevoli.
Ma il Pd di Zingaretti sta architettando contromisure decisamente originali, pur di pronunciarsi il più tardi possibile e in ogni caso per impedire che il 2,9 per cento di no in Parlamento diventi un 30-40 per cento di no popolari. Dice Carmine Fotia, dei Democratici per il No: «Nella storia di un partito strutturato come il Pd non si era mai visto che una decisione così strategica venga presa senza il voto negli organismi di partito». Altrettanto hard la decisione che era stata assunta dai vertici del Pd sulla festa nazionale dell’Unità in programma a Modena: vietato parlare di referendum nei 19 giorni di dibattiti. Poi l’ex presidente del partito, Gianni Cuperlo, si è fatto sentire, ha dovuto litigare per spiegare che far finta di nulla era inconcepibile.
È stato “concesso” un confronto con Maurizio Martina.
Durerà un’ora.