“A che punto è la notte?”, chiede il generale scozzese Banguo al figlio, nel secondo atto del Macbeth di William Shakespeare – premette, nella nota sui postumi della Brexit che pubblichiamo, Primo Mastrantoni dell’Aduc (qui altre note Associazione per i diritti degli utenti e consumatori su ViPiu.it, ndr). Lo chiediamo anche noi per capire a che punto è la notte nella quale si è immerso il Regno Unito con l’uscita dalla Unione Europea.
Vediamo.
Tutto è iniziato nel 2016 con un referendum consultivo sulla permanenza del Regno Unito nella Ue. Vinse il “leave” per 2 soli punti percentuali e sarebbe stata l’occasione per rivedere alcuni accordi, limare le divergenze e ricercare mediazioni con la UE, ma, ostinatamente, i governi britannici hanno percorso la strada per l’uscita.
Sono così venuti meno per il Regno Unito i quattro pilastri che caratterizzavano l’appartenenza alla Unione Europea: libertà di circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali.
L’uscita è stata completata a dicembre scorso e subito dopo è apparso il primo scoglio relativo allo stato giuridico dell’Irlanda del Nord perché – rimanendo all’interno del mercato comune e doganale europeo, per evitare di ripristinare la frontiera con la Repubblica Irlandese – fa insorgere problemi mercantili con il governo centrale. Finirà che saranno modificate le rotte commerciali e si farà più pressante l’intesa tra le due parti dell’Irlanda. Problemi anche con la Scozia, dove gli indipendentisti, tra Partito nazionale scozzese e Verdi, hanno la maggioranza nel parlamento locale e vorrebbero tornare a far parte della UE. Da notare che sia l’Irlanda del Nord che la Scozia avevano votato a maggioranza per rimanere nella UE. Il rischio è che il Regno Unito si riduca all’Inghilterra e al Galles, dopo aver vissuto i fasti dell’Impero britannico.
Grazie al mercato unico, l’UE è una delle maggiori potenze commerciali mondiali. Nel 2019, nella UE senza il Regno Unito, il prodotto interno lordo (PIL) è stato di 13.939 miliardi di euro a fronte dei 2.525 britannici, valore che difficilmente potrà commisurarsi alla pari con i 12.309 miliardi della Cina e i 18.472 miliardi degli USA. Piccolo sarà bello, ma non è determinante.
L’Ufficio nazionale statistico britannico ha pubblicato i dati relativi alla bilancia commerciale dei primi mesi di quest’anno: un vero disastro con un meno 29% delle importazioni e meno 40% delle esportazioni, da e verso l’Unione Europea. Secondo l’OBR, un’agenzia che analizza i bilanci, le nuove relazioni commerciali determinate dalla Brexit ridurrà la produttività a lungo termine del 4% e le importazioni e esportazioni saranno inferiori del 15% rispetto alla permanenza nella UE. I nuovi accordi commerciali extra UE non avranno un impatto sostanziale; ad esempio, l’accordo di partenariato economico tra Regno Unito e Giappone produrrebbe un aumento del PIL del Regno Unito del solo 0,07% nei prossimi 15 anni.
Per il sinologo Kerry Brown, direttore del Lau China Research Institute al King’s College di Londra, il Regno Unito è troppo piccolo perché possa contare per Pechino. Oggi, il Regno Unito, dopo la Brexit, è un attore secondario per gli USA e, al contrario, in una UE integrata (Stati Uniti d’Europa?) avrebbe un ruolo primario.
Speriamo che la notte non sia troppo lunga.
(Dal quotidiano LaRagione dell’11.11.2021)
Primo Mastrantoni, Aduc