Renzi lascia e forma gruppi autonomi in Parlamento, ma molti (ex) fedelissimi rimangono nel Pd

464
Pd, Renzi e Zingaretti
Pd, Renzi e Zingaretti

Né Lorenzo Guerini né Luca Lotti, che pure sono stati fedelissimi consiglieri di Matteo Renzi, lo seguiranno nell’addio al Pd. Non lascerà i Dem neppure il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, toscano di Barga e amico personale dell’ex segretario. Ma alla Camera sono già 20 i deputati pronti a passare nel gruppo di Renzi che sta scegliendo il nome – forse Movimento civile o Italia del Sì, ma cambierà se al Senato Riccardo Nencini aderirà, portando in dote il suo logo “Insieme”.

Mentre i senatori in uscita verso il Misto sono oltre a Renzi, Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd renziano, Teresa Bellanova, Tommaso Cerno («Vado nel gruppo nuovo perché la sinistra deve cambiare »), Davide Faraone, Eugenio Comincini, Nadia Ginetti, Ernesto Magorno a cui si aggiunge la ex forzista Donatella Conzatti. Ettore Rosato, che ha in mano il pallottoliere renziano, conta di arrivare entro domani al numero di dieci senatori che dovrebbe servire intanto a creare una “componente” del Misto, cui potrebbe aggiungersi Pier Ferdinando Casini (adesso nel gruppo delle Autonomie). Nencini però fa sapere: «Deciderò con il mio partito, il Psi». In base al regolamento di Palazzo Madama, è proprio Nencini, detentore di un simbolo che ha corso alle Politiche, a poter garantire la creazione di un gruppo parlamentare a sé stante.

Nel Pd l’aria è molto tesa. Delusione e rabbia si alternano nell’arco della giornata. Il segretario Nicola Zingaretti ripete ai suoi che della scissione «non si capisce il motivo politico». E ricorda il sostegno avuto dai militanti che alle Feste dell’Unità hanno apprezzato la capacità con cui ha portato il partito tutto insieme all’intesa con i 5Stelle per il governo di svolta. Ma ora arriva lo strappo. Enrico Letta, che fu defenestrato da Renzi a Palazzo Chigi, insiste: «Una cosa non credibile, non c’è alcuno spazio per una separazione a freddo o per una separazione consensuale. Quando ci sono delle scissioni sono delle rotture drammatiche. Quale sarebbe la rottura? Perché non c’è un ministro di Pontassieve?».

Prova a dissuadere Renzi anche il sindaco di Firenze, renziano, Dario Nardella: «Io resto, serve un partito forte e unito». Durissimo invece Dario Franceschini: «Nel 1921-22 la litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini». Non seguono l’ex segretario le due neo sottosegretarie della sua corrente Alessia Morani e Simona Malpezzi.

Tra i deputati dem che andranno con Renzi ci sono invece, tra gli altri, Maria Elena Boschi, Gennaro Migliore (ex Sel), Ivan Scalfarotto, Michele Anzaldi, Roberto Giachetti, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Anna Ascani, Luciano Nobili, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Mattia Mor, Nicola Carè, Massimo Ungaro.

Renzi manterrà al governo due ministre, Bellanova (che sarà capo della delegazione renziana) e Elena Bonetti e due sottosegretari, Scalfarotto e Ascani. Il percorso che ha portato alla scissione è lungo un anno e parte dalla creazione dei Comitati azione civile – Ritorno al futuro di cui è coordinatore Rosato. Sono stati formidabili calamite anche di donazioni, che sono schizzate negli ultimi due mesi da 20 mila a 260 mila euro. Tra i finanziatori Daniele Ferrero (ad Venchi), Davide Serra, la Tci di Gianfranco Librandi.