Un 25 aprile così in 75 anni di anniversari non si era mai visto. L’emergenza sanitaria da Coronavirus ha tenuto lontani i cittadini dalle piazze, ma non non ha fermato le cerimonie ufficiali (ad esempio il sindaco di Vicenza Francesco Rucco e le associazioni partigiane erano al Museo della Resistenza a Monte Berico) e anche alcune iniziative dei cittadini avvenute in mattinata.
In via Calderari cinque residenti della zona si sono ritrovati per caso in un fugace passaggio davanti alla lapide che ricorda l’uccisione del giovane Dino Carta proprio su quel marciapiede ad opera di due fascisti. Alcuni hanno portato fiori, rose rosse e gerani bianchi appena acquistate dal fioraio al Cimitero Maggiore riaperto dall’ordinanza comunale di ieri, altri una bandiera col Tricolore italiano e un manifesto storico della Resistenza.
Altro luogo simbolo della Resistenza per la città berica è a Santa Lucia, nei pressi del precedente, dove c’è il busto di Silvio Apolloni, un altro giovane ventenne ucciso nell’aprile del ’44. Lì era presente un gruppetto di cittadini tra cui alcuni ragazzi, tutti a debita distanza e muniti di mascherina e guanti, che ha intonato Bella Ciao con in sottofondo la musica di Goran Bregovic. Diversa gente si è affacciata dalle finestre delle case incuriosita ed è partito qualche applauso. Un signore poi ha iniziato a leggere dalla strada alcune frasi tratte dal libro “Intervista con la storia” di Oriana Fallaci con le parole dell’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini, socialista e partigiano combattente per la libertà.
Nel nostro “giro” per la città c’è da segnalare anche l’emozionante canto di Bella Ciao da alcune terrazze dei condomini a San Lazzaro avvenuto alle 15 (nel video sopra realizzato da Francesco Battaglia), per un 25 Aprile speciale che tanti vicentini non dimenticheranno per lungo tempo.
Nel capoluogo berico, poi, si è ricordata la Festa della Liberazione alla Caserma Ederle: alle 13.30 è iniziata la cerimonia, trasmessa in diretta Facebook, con il Generale di Divisione e comandante U.S. Army Africa/Setaf, Roger Cloutier, che ha deposto al suono del “Silenzio” una corona d’alloro al Monumento dei Caduti per la Patria.
Erano presenti anche il Colonnello Daniel Vogel, comandante della guarnigione U.S. Army Italy, i Colonnelli Michele Biasiutti e Umberto D’Andria per il comando italiano, il Colonnello Kenneth Burgess, comandante della 173ma Brigata di Fanteria Aviotrasportata, il Ten. Colonnello Walter Rossaro e il Maggiore Francesco Provvidenza del Comando Carabinieri SETAF.
“Così come abbiamo combattuto insieme negli ultimi anni del secondo conflitto mondiale – ha dichiarato il generale Cloutier nel suo messaggio – ora insieme affrontiamo la battaglia per contere il contagio del Covid-19. Abbiamo festeggiato insieme la Liberazione nel 1945, e sono certo che insieme supereremo anche questa sfida. E lo faremo nello stesso modo insieme”.
“Americani e italiani, fianco a fianco – ha ricordato invece il Colonnello Biaisiutti – rendiamo omaggio al sacrificio di quanti hanno combattuto prima di noi, superando dolore e avversità e contribuendo in modo determinante alla costruzione di un mondo libero dove le persone possono godere dei valori condivisi di libertà e democrazia.”
Nel suo intervento, infine, il comandante della guarnigione US Army Italy Daniel Vogel ha preso spunto dalla vicenda di un partigiano scomparso recentemente a Livorno all’età di 94 anni, Giuliano Ciaponi: durante la Resistenza, rischiando la fucilazione con la sua famiglia, aveva nascosto in una stalla per 42 giorni un aviatore Usa precipitato col suo aereo. A guerra finita, gli Stati Uniti gli hanno conferito vari riconoscimenti, ma Ciaponi disse che non l’aveva fatto mica per le medaglie: “Io stavo bene, lui era ferito, moriva, era un dovere salvarlo“. “Questo è un esempio dell’eroismo che onoriamo oggi“, ha concluso Vogel.
Onore a quel partigiano e a tutte le persone libere, aggiungiamo noi.
Anche dalla negazione del passato, che mai va dimenticato perché mai più ritorni, ma anche dall’odio che contrassegnò gli anni del primo dopoguerra: impedire che il passato ritorni non vuol dire mettersi sullo stesso piano di chi lo alimentò con leggi ed azioni antidemocratiche e discriminatorie.
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