Non è semplice tentare di fare chiarezza sul delicatissimo tema delle attribuzioni (e, quindi, della responsabilità) di un sindaco nell’amministrazione della pubblica sicurezza, attuata, soprattutto, con i suoi poteri di ordinanza su cui è aperto il dibattito e su cui faremo il punto “tecnico”, da uomo di legge, senza paraocchi politici.
L’Ordinamento italiano ha attribuito al sindaco il potere di emettere ordinanze contingibili e urgenti per far fronte a situazioni emergenziali di carattere locale e ha previsto che esso possa agire o come capo e rappresentante dell’Ente locale (art. 50 Dlgs 18 agosto 2000 n. 267, c.d. TUEL, Testo Unico sulle leggi e sull’ordinamento degli Enti Locali) o come ufficiale di governo (art 54 stesso testo).
Il primo stabilisce che, “in caso di emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale”; il secondo (come modificato nel 2008) gli attribuisce, nella stessa materia della sicurezza, un diverso potere: quello di intervenire (sempre con lo strumento delle ordinanze contingibili e urgenti) “al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.
Ed è, appunto, in questa seconda e diversificata situazione che il sindaco opera come ufficiale di governo ed è chiamato a svolgere determinate funzioni tipiche della pubblica sicurezza, di competenza statale; le ipotesi previste da tale norma sono molte, diversificate e, in questa sede, non possono essere specificamente indicate.
Volendo proporre una comprensibile sintesi, si potrebbe suddividere il contenuto dell’art. 54 in due parti: una prima (dal 1° al 3° comma) contiene un lungo elenco (anche attraverso fonti legislative) di attribuzioni in materia di pubblica sicurezza, ma riferibili ad un suo generico dovere di sovrintendenza in determinate materie (in taluna delle quali mediante previa informazione al prefetto); una seconda parte (specificatamente dal 4° al 6° comma) prevede, in capo al sindaco, uno specifico potere di intervenire (sempre con lo strumento delle ordinanze contingibili e urgenti) per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana o a fronte di situazioni di emergenza.
Ma – come si è detto in precedenza – è importante evidenziare che, solo con la riforma del 2008 (il c.d. “pacchetto sicurezza”), il legislatore ha previsto, in capo al sindaco, un potere di intervenire (con l’ordinanza) in situazione anche svincolate dal presupposto dell’emergenza. Inoltre, la stessa riforma ha introdotto un concetto di sicurezza urbana accanto a quella di “incolumità pubblica” (dei cittadini), già preesistente.
I poteri del sindaco, nella sua veste di ufficiale di governo, sono stati, dunque, molto ampliati, con l’introduzione di significative ipotesi di intervento relative alla cosiddetta sicurezza urbana (non prevista prima del 2008). Naturalmente, nello svolgimento di queste funzioni, il sindaco, operando come ufficiale di governo, deve considerarsi come responsabile non di fronte all’Amministrazione Comunale (e al Consiglio Comunale), ma solo di fronte agli Organi di Pubblica Sicurezza. Tant’è che il sistema prevede, in capo al prefetto, un potere di ispezione sull’attività da lui svolta nella predetta qualità.
Dunque – riassumendo – il potere di ordinanza, in funzione di ufficiale di governo, spetta al sindaco solo in materia di “incolumità pubblica” e di “sicurezza pubblica”, nelle quali egli risponde non alla comunità dei propri cittadini, ma all’Autorità di Pubblica Sicurezza (Prefetto, Questore ecc.)
Ma cosa si deve intendere per “incolumità pubblica” e per “sicurezza urbana“?
E’ lo stesso art. 54 TUEL (per come riformato) che lo spiega, precisando che la prima è l’integrità fisica della popolazione e che la seconda (la sicurezza urbana) è “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali; del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
E, per facilitare la comprensione dell’interprete, l’art. 2 del DM 5 agosto 2008 fornisce un lungo elenco dei relativi ambiti di intervento del sindaco: gli esempi (che, in questa sede, non possono essere esaustivamente riportati) vanno dal danneggiamento al patrimonio pubblico o privato, all’occupazione abusiva di immobili, alla prostituzione su strada, all’accattonaggio molesto ecc.).
L’importante è ricordare che gli interventi del sindaco (col suo vasto potere di ordinanza) suppongano, comunque, una stretta cooperazione con il prefetto, specificamente descritta dallo stesso art. 54, che prevede anche gli specifici rimedi, da parte del prefetto, in caso di inerzia dei sindaci.
È, comunque, importante notare che la caratteristica comune ai provvedimenti adottati dal sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo, è quella di non avere un contenuto preordinato, ma di trovare nella legge autorizzativa soltanto l’indicazione dei presupposti (necessità e urgenza) e il fine (tutela dell’ordine pubblico).
Su questo terreno, il sindaco non può pianificare e predisporre politiche locali: può solo, di volta in volta, prevenire eventuali situazioni, anche non predefinite, di danno per la sua comunità o impedirne le immediate conseguenze, anticipando interventi di competenza statale.
Per converso, proprio perché gli eventi che legittimano, sotto questo profilo di sicurezza, l’intervento del sindaco (con lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente) investono la competenza statale, lo stesso art. 54 TUEL (comma dodicesimo) consente al Ministro dell’Interno (massima autorità di Pubblica Sicurezza) di adottare atti di indirizzo per le funzioni previste, da quello stesso articolo, da parte del sindaco.
È per tutto questo che è da ritenere poco probabile che, in realtà, un sindaco possa incorrere in una responsabilità per indebito rifiuto di atti di ufficio, ai sensi dell’ ord. 328 c. 1° cod. penale, che, tradizionalmente, costituisce il loro spauracchio: in questa materia, infatti, si intersecano poteri estranei, in proprio, alle funzioni di un amministratore locale.
Ben più pericoloso, per lui, è l’altro e diverso aspetto del suo ruolo: quello di responsabile e capo dell’amministrazione locale, ai sensi dell’art. 50 del TUEL. Anzitutto, in tutte le controversie amministrative e civili, il sindaco che rappresenta il Comune, deve rispondere dei danni cagionati da cose in custodia (ai sensi dell’art. 2051 c.c.); quindi, ad esempio, risponde per allagamento di strade pubbliche, cattiva loro manutenzione, presenza su di esse di macchie di olio, mancato adeguamento della rete fognaria, assenza di manutenzione di canali di scolo ecc.
Proprio questa sua responsabilità dovrebbe costituire la maggiore fonte di preoccupazione di un sindaco. In particolare, nella sua qualità di capo del Comune e della sua comunità locale (art. 50 TUEL), il sindaco assume, come si è detto, una responsabilità (per i danni cagionati da cose in custodia, ai sensi dell’2051c.c.), che la giurisprudenza Corte Suprema (es. Cass. N. 11096/2020) continua a definire aggravata; cioè, per la sua configurazione, in concreto, è, infatti, sufficiente che sussista un nesso causale tra la cosa in custodia (la strada, il tombino, il fosso ecc.) e il danno arrecato.
Questa responsabilità può essere esclusa solo dal caso fortuito oppure dalla condotta del danneggiato, connotata da imprudenza o negligenza (Cass. “305212019, Cass. N. 2482/2118 ecc.)
Come si vede, non ci sarebbe proprio da augurarsi di essere eletto sindaco, tante e tali sono le sue responsabilità, anche sul tema della sicurezza.