Riconoscere il merito nel sacrificio: lo dice Meritocrazia Italia

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Congresso di Meritocrazia Italia (foto di repertorio)
Congresso di Meritocrazia Italia (foto di repertorio)

Ogni successo nasconde sacrifici e rinunce. Lo dobbiamo ricordare quando ci ritroviamo a invidiare chi ce l’ha fatta, o ha qualcosa che noi non abbiamo e invece vorremmo.
Non è sempre tutto così semplice e scontato come a volte appare. Non sempre, cioè, si riesce a riconoscere il merito altrui.

Mi viene in mente l’esempio di Gianni Agnelli, persona dall’innegabile carisma e sempre molto in evidenza a livello nazionale. La conquista della sua posizione di potere gli costò impegno e fatica. Non è facile vederlo, specie se ci si limita a prendere atto della fortuna che ha certamente avuto di poter accedere a un’impresa importante per eredità di famiglia. Ma la sua nomina a Presidente della Fiat non fu immediata, seguì una lunga gavetta, e comunque si trovò a dover affrontare i problemi di un momento storico particolarmente complicato. Era il periodo delle rivoluzioni studentesche, delle serrate dei lavoratori, dei picchetti. Il disagio sociale era altissimo. La sua riuscita fu dovuta alla particolare abilità di mediare, di costruire un dialogo costruttivo con gli operai, non solo per il tramite dei sindacati. Si aggiunsero intuizioni importanti che fecero crescere l’impresa tanto da essere conosciuta in tutto il mondo. Questo voleva dire nuova occupazione e maggiore indotto. Tutto ciò lavorando senza clamori, nella convinzione che la crescita di un’azienda sia sempre fonte di utilità e benefici per molti. A periodi bui ne seguirono altri peggiori. La crisi del capitalismo portò il rischio di quindicimila licenziamenti. E anche qui, un nuovo miracolo imprenditoriale realizzato grazie alla ricerca della condivisione e della solidarietà. Riuscì a ottenere importante sostegno da parte dello Stato.

Tutte quelle persone che ammiriamo o invidiamo, pensando che siano semplicemente più fortunate di noi, probabilmente hanno vissuto difficoltà che non conosciamo e non comprendiamo.

Quello che manca è la capacità di sacrificio. Manca la capacità di fissare traguardi importanti.
Le grandi rivoluzioni, i più grandi successi nascono sempre dal coraggio di pochissime persone.
Lo insegna la Storia. La stessa Rivoluzione francese parte dall’iniziativa di pochi, che si riuniscono in una sorta di comitato cittadino e valutano quali azioni intraprendere per raggiungere lo scopo di un allargamento dei diritti. Anche ai giorni nostri, pensiamo al fenomeno dei movimenti politici nati dall’intuizione di pochi.
Per le grandi imprese non serve essere in tanti, almeno da principio. Serve che la scintilla sia accesa da chi ci crede davvero, e sa di voler dare continuità all’impegno. Il contagio delle buone idee e della passione farà il resto. E al traguardo si arriverà in molti.

Nel suo ultimo discorso, dinanzi a una delle maggiori associazioni sindacali, la Presidente del Consiglio ha precisato che la lotta per il salario minimo è l’ennesima sconfitta allo Stato sociale. Occorre, piuttosto, creare adeguate condizioni di crescita per le imprese e, quindi, di miglioramento dei margini di occupazione e delle condizioni lavorative. Ma, per questo, non bastano le regole. È indispensabile saper puntare sul merito e dar valore alle persone di competenza, in grado di fare un salto di qualità e di migliorare il contesto nel quale operano, a vantaggio di tutti.
Se lo Stato avesse persone così nei ruoli strategici, sarebbe diverso da ciò che è.

Nel tempo dell’assistenzialismo e dell’impigrimento collettivo, merita di essere valorizzato chi ha voglia di creare, chi ha il desiderio di crescere pagando il prezzo del sacrificio necessario.

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Fonte: Riconoscere il merito nel sacrificio

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