La riduzione dei divari territoriali rappresenta da sempre un obiettivo strategico della politica di coesione sia nazionale che europea.
Sul tema, il legislatore è intervenuto già con legge delega per l’attuazione dell’art. 119 cost prevedendo, nel quadro del federalismo fiscale, appositi meccanismi di perequazione basati sui fabbisogni standard e sulle capacità fiscali dei territori.
Nel corso dei primi anni di applicazione, questo riequilibro è avvenuto solo in parte, sia per effetto della contrazione delle risorse a disposizione sia per la mancata definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) previsti dalla Costituzione come strumento fondamentale per garantire i diritti civili e sociali che devono essere omogenei su tutto il territorio nazionale.
Oggi la piena attuazione del federalismo fiscale costituisce una delle principali sfide che attendono l’Italia anche perché il PNRR lo annovera tra le riforme abilitanti (non passibili di modifica stante le indicazioni da ultimo provenienti dall’Unione) e impone una scadenza al primo semestre del 2026.
In questa prospettiva l’introduzione degli obiettivi di servizio per alcune delle funzioni fondamentali svolte dai comuni (asili nido, servizi sociali e trasporto degli studenti disabili), assieme allo stanziamento erariale delle risorse necessarie a finanziarli, ha rappresentato un passo importante verso il federalismo fiscale, così come lo è l’istituzione di una Cabina di regia, prevista nell’approvanda legge di bilancio, investita anche della definizione dei LEP.
Ma non è più tempo di aspettare.
Il ritardo accumulato in questi anni nella definizione dei LEP e l’applicazione in via transitoria del criterio della spesa storica hanno consentito la sopravvivenza di una sistema con forte disparità dal fronte delle entrate, soprattutto per gli enti già deficitari, e la trasformazione degli stanziamenti di perequazione verso comuni con minori risorse da verticali (in quanto provenienti dallo Stato) in orizzontali (in quanto provenienti dai Comuni con più risorse in favore di quelli meno dotati).
Ma quel che è ancor più grave è che si è dato di più a chi già aveva di più, lasciando indietro le autonomie già gravemente deficitarie, atteso che con il criterio applicato in via transitoria per oltre dieci anni sono stati considerati meritevoli di finanziamento servizi essenziali nei territori dove questi già venivano erogati, e superflui o, addirittura, inutili laddove, di contro, mancavano del tutto o quasi, per poi scoprire a distanza di tempo che le Regioni meridionali non hanno in questi dieci anni speso male le risorse erariali ma hanno dovuto fruire di finanziamenti minori – in alcuni casi pari a zero – rispetto a quelli elargiti alle Regioni meno bisognevoli di servizi essenziali perché già esistenti.
La definizione dei LEP si rende, dunque, improcrastinabile, sia in vista di una riduzione di quelle disuguaglianze che sono state consapevolmente amplificate negli anni, sia in vista di un’equa ed efficiente distribuzione delle risorse del PNRR, perché non si può essere equi facendo parti uguali tra disuguali, sia per garantire una proficua attuazione degli obiettivi trasversali ed abilitanti del Piano di ripresa.
Non si può parlare di autonomie regionali differenziate senza prima definire i LEP e i fondi perequativi.
Non si può parlare di federalismo fiscale se prima non si ridefiniscono i poteri impositivi delle Regioni, per rendere il prelievo in materia fiscale maggiormente omogeneo sul territorio nazionale, preservando i principi fondamentali del sistema impositivo quali la progressività e la capacità contributiva.
Il Paese ha bisogno che si combattano le disuguaglianze e i divari con una visione unitaria, che dia coesione e non alimenti frammentazioni nazionali: nemmeno una o più crisi finanziarie possono giustificare il ventennale ritardo accumulato.
Si può risparmiare su tutto ma non sui diritti essenziali di bambini, studenti, disAbili, anziani, persone fragili o malati.
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Fonte: Riduzione dei divari territoriali