«Nelle scorse settimane siamo riusciti a far arrivare ai nostri missionari fidei donum in Brasile e Mozambico una importante quantità di medicinali per la terapia di contenimento del virus. È stata un’operazione complicata ma molto significativa, possibile grazie alla donazione di un farmacista di Vicenza, con la quale abbiamo garantito la fornitura di medicinali per 20-25 persone di ciascuna missione, in modo da creare una rete di copertura».
È una delle iniziative importanti messe in campo dall’Ufficio missionario diocesano in questo tempo di pandemia e che ci racconta il direttore Agostino Rigon. Lo raggiungiamo al telefono per farci dire come il Covid sta segnando l’universo missionario.
«I nostri fidei donum stanno tutti bene – ci dice Rigon -. Ci era arrivata una richiesta di medicinali da un missionario più fragile per questioni di età. Da lì è nata questa iniziativa che è stata molto apprezzata. I medicinali inviati hanno, infatti, per i missionari, un significato che va oltre i medicinali stessi: quello di sentirsi pensati, e questo è davvero importante».
Il rischio in questo tempo in cui siamo tutti concentrati sui problemi sanitari del nostro Paese è di vedere solo noi stessi e dimenticarci degli altri «quando invece siamo tutti sulla stessa barca. L’invio dei medicinali – sottolinea il direttore – ci ricorda che non ci siamo solo noi, e che il “mondo altro” è ben più grande e che rischia di non essere considerato chissà per quanto tempo. A tal proposito una delle priorità che dobbiamo darci è proprio quella di condividere il destino del mondo e non solo quello dell’Italia».
Come stanno vivendo i nostri missionari questo tempo?
«Nessuno avrebbe pensato di vederli fermi. Vivono questa chiusura in modo simile al nostro e anche per loro rappresenta una stagione totalmente inedita. Concretamente rimane in loro un grosso spirito di servizio per la loro gente e con la loro gente. Potendo muoversi molto poco hanno più tempo per la preghiera e la riflessione».
Dal punto di vista concreto qual è il loro atteggiamento?
«Questo è un momento che provoca un ripensamento, costringe a esercitare una immaginazione creativa molto bella, dà l’opportunità per rinsaldare relazioni e trovare altre motivazioni per nuovi progetti».
Com’è la situazione nei paesi di missione?
«Devono fare i conti con tre tipi di emergenza: quella sanitaria, in alcuni casi (si pensi al Brasile) molto più grave della nostra; quella alimentare: la crisi sanitaria ha messo al tappeto molte famiglie; quella sociale e politica o per imminenti elezioni o per incapacità del governo che aumenta le situazioni problematiche. Tutto questo aumenta le diseguaglianze e le tensioni sociali. I missionari ci dicono che spesso si sentono seduti su di una polveriera pronta ad esplodere. La situazione appare piena di incognite. Di fronte a queste difficoltà i missionari sono chiamati più di prima a leggere la realtà con gli occhi della fede».
Il lockdown ha bloccato anche le iniziative dell’Ufficio Missionario. Come vi siete riorientati?
«La Quaresima di fraternità è stata ovviamente bloccata e abbiamo dovuto rinunciare a qualsiasi inizitiva che prevedeva qualche tipo di aggregazione. Abbiamo dovuto rinviare la proposta e affidarci alla Provvidenza che ha comunque operato. Avevamo 26 progetti solidali. L’intenzione è di farci presenti con un sostegno simbolico per ciascun progetto. I singoli progetti saranno di volta in volta presentati anche sulla quarta di copertina del nostro mensile Chiesa Viva, che in questi mesi ha potuto essere consegnato grazie alla positiva collaborazione con La Voce dei Berici».
C’è dunque oggi più di ieri bisogno di farsi attenti a queste diverse situazioni…
«Sono sicuro che lo Spirito sa suscitare la generosità in tanti. In questo senso contiamo sulle persone e sulle comunità della diocesi, sempre attente e generose. A questo proposito, per chi lo desidera è sempre possibile fare un’offerta o tramite bonifico o recandosi in Ufficio Missionario in piazza Duomo a Vicenza. È possibile venire tutti i giorni su appuntamento dalle 9 alle 12.30».