«Da Boa Vista, in Brasile, mi sono portato a casa la percezione di non essere ospiti, ma di avere lì, come Chiesa, una seconda casa dove vivere, abitare e condividere con tante persone un progetto pastorale e il regno di Dio».
È il vissuto che ci trasmette Agostino Rigon, direttore dell’Ufficio missionario diocesano, poco prima di Natale, al ritorno dalla visita, con la moglie Isabella, nella diocesi di Roraima ai nostri missionari fidei donum don Attilio Santuliana e don Enrico Lovato, e alle nostre suore orsoline suor Renata Gonzato, suor Monica e suor Ianessa (non c’era suor Antonia Storti perché in Italia in quei giorni). «Li abbiamo trovati – ci dice subito – in salute: sereni, carichi e motivati».
Per il direttore dell’Ufficio missionario è stata la prima volta in Amazzonia. Boa Vista si trova nel nord del Brasile, nella diocesi di Roraima, una regione amazzonica, ai confini con il Venezuela. «L’Amazzonia brasiliana ha al suo interno molte differenze – racconta -. È ventun volte l’Italia e quindi con dimensioni estremamente grandi. La Diocesi di Roraima è grande come Veneto, Lombardia e parte del Piemonte. Ci sono centri urbani affollatissimi, ma anche grandi spazi non popolati. Per arrivare nella zona degli Indios bisogna percorrere strade molto lunghe dove noi non siamo riusciti ad arrivare ».
Solo missionari come quelli della Consolata, storicamente presenti lì, lavorano specificatamente con gli indios nelle zone più estreme. Gli altri, anche i nostri missionari, sono nelle periferie. «I nostri preti – spiega Agostino Rigon – accompagnano dieci bairros per un totale di 70mila persone in situazioni molto esigenti da un punto di vista sociale, politico e religioso».
Quello nella diocesi di Roraima è stato un viaggio intenso, che ha portato i coniugi Rigon a contatto con la Chiesa brasiliana e con la regione amazzonica. Agostino racconta come sia stato notato il fatto che sia andato in visita come coppia. «Questa presenza nuova e diversa è stata apprezzata e hanno fatto sentire mia moglie, non solo una accompagnatrice ma come parte di una visione e di un modo di essere chiesa».
La visita è avvenuta in un momento di grande fermento dopo la celebrazione del Sinodo Panamazzonico. «Questo – evidenzia Rigon – è stato un evento che le comunità locali hanno vissuto con molta intensità e aspettative, anche se per loro, dal punto di vista pastorale, molte cose erano già il risultato di un processo di molti anni. Queste comunità si sono sentite considerate e messe al centro della riflessione ecclesiale universale. I nostri preti accompagnano e vivono molto da vicino le prospettive della chiesa amazzonica. La loro collocazione è all’interno delle grandi periferie e sentono in particolare la questione migratoria». Lì siamo infatti a 200 chilometri dal confine con il Venezuela , un Paese che Rigon definisce «devastato e che sta precipitando in un abisso». Dal Venezuela arrivano carovane di persone gran parte delle quali si fermano appena dopo la frontiera in Roraima.
La visita alla Chiesa in Roraima ha fatto toccare con mano «la bella alleanza tra Chiese sorelle. Si vede che anche in tutto il presbiterio c’è un grande senso di riconoscenza per la nostra presenza. È una riconoscenza trasparente e limpida, grata nel senso più bello del termine per le persone che la nostra Chiesa ha messo a disposizione e per il modo con cui i nostri missionari vicentini e altri italiani sono presenti. È un riconoscimento anche per la qualità del lavoro pastorale che svolgono, per il tipo di presenza in mezzo alla gente». È una relazione che fa bene alle comunità che sono coinvolte … a Roraima come a Vicenza.