Rilascio (micro)spacciatori a Vicenza, Camera Penale a sindaco (e avv.) Rucco: “più pene per tutti, messaggio pericoloso”. ViPiù concorda

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Testo unico spacciatori stupefacenti
Testo unico spacciatori stupefacenti

Sul caso dei (micro)spacciatori rilasciati a Vicenza e in attesa di regolare processo è stata diffusa da parte del direttivo delle Camera Penale Vicentina, che fa parte del sistema delle Camere penali, una dura nota di reprimenda, che condividiamo e pubblichiamo di seguito, verso chi confonde la giustizia con la vendetta generalizzata o con un’arma da utilizzare a fini politici, tra cui emerge il sindaco e avvocato Rucco con i suoi “coinquilini” politica.

Una delegazione del direttivo della Camera Penale Vicentina ricevuta a Montecitorio dall'on. Pierantonio Zanettin
Una delegazione del direttivo della Camera Penale Vicentina ricevuta a Montecitorio dall’on. Pierantonio Zanettin

L’Unione della Camere Penali Italiane, fondata nel 1982, è una associazione di penalisti cui aderiscono 131 Camere Penali territoriali. Ad esse sono iscritti più di 8000 avvocati penalisti e promuovono “la conoscenza, la diffusione, la concreta realizzazione e la tutela dei valori fondamentali del diritto penale e del giusto ed equo processo penale, elaborando studi ed organizzando iniziative culturali e politiche volte a migliorare il sistema penale e processuale penale“).

Il direttore

Francesco Rucco col presidente del tribunale di Vicenza Alberto Rizzo
Francesco Rucco col presidente del tribunale di Vicenza Alberto Rizzo

Chi, come noisi legge nella nota che pubblichiamo integralmente e a cui aderiamo -, frequenta abitualmente le aule della giustizia penale e le sale del carcere, sa quanto severa sia la legislazione penale vigente in tema di sostanze stupefacenti e quanto le celle siano stracolme di indagati e condannati per reati di questa natura.
Forse non è esagerato dire che in Italia – o quantomeno nel nostro “ricco” Nord-Est, in cui fortunatamente altre tipologie di reati sono meno frequenti – si finisce in carcere (quasi) solo per droga.
Stupisce, pertanto, che la politica locale abbia gridato allo scandalo per due micro-spacciatori rimessi in libertà dopo il loro arresto, perché il Pubblico Ministero ha (correttamente!) ritenuto trattarsi di ipotesi di lieve entità.
La cronaca riferisce che i due ragazzi erano stati arrestati per avere ceduto meno di mezzo grammo di sostanza stupefacente. La normativa (che per comodità di chi avrà la pazienza e la voglia di informarsi abbiamo riportato sopra) è molto semplice: in caso di droghe così dette pesanti le pene sono severissime (da sei a vent’anni di reclusione) e prevedono l’arresto obbligatorio in flagranza di reato; se il caso è di lieve entità, invece, le pene sono di molto ridotte (da sei mesi a quattro anni) e l’arresto è soltanto facoltativo (e presuppone la gravità del fatto o la pericolosità del soggetto).
L’arresto è una così detta misura precautelare, che viene applicata dalla polizia giudiziaria in attesa che la persona venga messa a disposizione del magistrato (entro 48 ore) e dev’essere poi “convalidata” da un Giudice (entro ulteriori 48 ore), che ha il dovere di verificare la sussistenza dei presupposti sulla scorta dei quali la polizia giudiziaria ha operato (questo allo scopo di evitare arresti arbitrari e illegali).
Il Pubblico Ministero – lo ripetiamo: giustamente! – ha ritenuto che, vista la modestissima quantità di sostanza stupefacente, si trattasse di un caso di lieve entità, che non meritava una misura precautelare ed ha quindi disposto la liberazione degli arrestati.
La notizia, dal punto di vista giuridico, è così banale e scontata che non avrebbe meritato attenzione, se non fosse che addirittura il Sindaco di Vicenza – secondo quanto riporta la cronaca locale – l’avrebbe commentata, affermando che “le leggi dello Stato non ci consentono di avere la certezza della pena”.

L’affermazione del Sindaco Rucco confonde evidentemente piani differenti: nel caso di cronaca locale la pena – che viene determinata dal Giudice, in caso di colpevolezza, soltanto al termine del processo penale – non c’entra evidentemente nulla.
Non solo.
Quell’affermazione presuppone un’idea di “certezza” della pena e del diritto che non è in alcun modo condivisibile: la pena è certa soltanto se è predeterminata a livello legislativo, all’interno di un sistema normativo che disciplina la esecuzione delle misure precautelari (come l’arresto), l’applicazione delle misure cautelari (custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari, etc…) e – all’esito di un regolare processo – la eventuale condanna definitiva.
La pena è certa soltanto se non è rimessa all’arbitrio di chi la applica o la esegue.
Troppo spesso la “certezza della pena” viene invece invocata e sbandierata in questo Paese al solo scopo di ricercare il consenso dell’opinione pubblica, sempre alla ricerca di un colpevole (non importa se presunto o reale) da condannare e di una pena esemplare da applicare.
Non ci stancheremo mai di dire e ripetere che queste posizioni sono pericolose e ci spingono lungo una china che ci porta ad allontanarci sempre più da un sistema legale delle pene e del processo.
Proprio per questo siamo convinti che sia compito di tutte le Istituzioni evitare di soffiare sul fuoco di un certo malcontento, alimentando ulteriormente allarmismo e insicurezza – tanto più che il processo penale non può essere visto come la soluzione del problema della sicurezza dei cittadini, che richiede invece interventi di ben più ampia portata, soprattutto con riguardo alla prevenzione dei reati.
È facile gridare e invocare “più pene per tutti”, ma è un messaggio sbagliato e pericoloso. E non serve a nulla.

Vicenza, 1° ottobre 2020 il Consiglio Direttivo Camere Penali di Vicenza