Ripa di Meana, Il Fatto: socialista, verde e gentiluomo

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Ripa di Meana, addio all’uomo di mille arti: morto a 88 anni, fu comunista, poi socialista e ambientalista. Organizzò la “biennale del dissenso”
Nelle grandi coppie capita. Insieme nella vita. E poi nella morte. E ieri se n’è andato Carlo Ripa di Meana, a 88 anni. Appena due mesi fa, l’addio alla moglie Marina, donna esplosiva e di talento che ha sorpreso fino all’ultimo, con il videotestamento sul fine vita. Lui, il marito, anch’egli malato e isolato nella sua stanza, aveva saputo della morte della moglie da un tg, alla tv.


Comunista, poi socialista e ambientalista, ministro e commissario europeo, uomo di tante arti (compresa quella della seduzione femminile, il suo soprannome era “Orgasmo da Rotterdam”), Carlo Ripa di Meana era figlio di marchesi e il nonno materno era stato un esponente di governo giolittiano.

La passione politica lo prese da giovane, negli anni Cinquanta. Il Pci e la redazione dell’Unità: Pietro Ingrao, Alfredo Reichlin, Luigi Pintor, Maurizio Ferrara. E fu Ingrao, un giorno, a chiedergli di andare a Praga, nella Cecoslovacchia sovietica, per dirigere il mensile in otto lingue degli studenti comunisti. Ripa di Meana accettò. Praga era il centro dei “compagni” di tutto il mondo. E fu in questo frangente che conobbe uno studente milanese socialista. Si chiamava Bettino Craxi, quello studente, e tra i due nacque una lunga amicizia.

Craxi e Ripa di Meana discettavano sul comunismo reale, intriso di cupezza e miseria, e questo fu il preludio alla rottura di “Carlo” con il Pci. Dopo i fatti d’Ungheria del 1956, quando entrò nel Psi da sinistra. Da socialista, fu consigliere regionale in Lombardia, parlamentare e commissario europeo alla Cultura e all’Ambiente. Ma uno dei suoi progetti più noti fu legato all’arte, quando da presidente della Biennale di Venezia organizzò la Biennale del dissenso, con gli intellettuali dell’Est sovietico in esilio.

Negli anni del rampantismo craxiano, Ripa di Meana sposò Marina Punturieri già Lante della Rovere. Testimoni per lei furono Alberto Moravia e Goffredo Parise, per lui Craxi. Erano entrambi libertini e libertari e forse anche per questo la gelosia di lei, Marina, fu protagonista di episodi memorabili. Rivelò “Carlo”: “Eravamo a Parigi, all’inaugurazione del centro Pompidou. Io ero presidente della Biennale, in compagnia di Michel Guy ministro della cultura e con Chirac, allora sindaco di Parigi. Al mio fianco Gae Aulenti, a cui ero legato. Arrivò Marina, gelosissima, e senza una parola mi inflisse un calcio alla gamba sinistra: mi spaccò la tibia. Sotto gli occhi di tutti”.

Politicamente, nel 1992, Ripa di Meana ruppe anche col Psi, per Mani Pulite. “Carlo” si dissociò dai corsivi contro il pool dei magistrati milanesi vergati dallo stesso Craxi sull’Avanti, il quotidiano ufficiale del Psi. Iniziò così, anche in politica, la sua fase ambientalista, da ministro nel primo governo presieduto da Giuliano Amato, il Dottor Sottile di matrice socialista. Ma non durò molto, dal 1992 al 1993. Poi Ripa di Meana si dimise in polemica contro il famigerato decreto Conso. Nello stesso anno, il 1993, divenne portavode dei Verdi. Eletto parlamentare europeo, votò contro l’adozione dell’euro.

L’impegno politico andò calando e nel 2005 fu presidente di Italia Nostra. Due anni dopo chiese perdono alla famiglia Calabresi per l’appello firmato dopo la morte dell’anarchico Pinelli. Nell’ultima intervista, dopo la morte della moglie, ha detto: “Mi sono reso conto di averla amata disperatamente”.

di Fabrizio d’Esposito, da Il Fatto Quotidiano