Gli aiuti economici per i parenti di chi è morto sul lavoro durante il 2018 saranno i più bassi mai previsti nell’ultimo decennio. I soldi a disposizione sono diminuiti, ma i decessi sono aumentati, quindi le famiglie che hanno vissuto una simile tragedia potranno ricevere, a seconda del numero di componenti, tra i 3 mila e i 13 mila euro.
Praticamente è la cifra minima da quando è stato istituito il Fondo per il sostegno alle vittime degli infortuni gravi, strumento che viene gestito dall’Istituto nazionale per l’assicurazione sul lavoro (Inail), ma è il ministero del Lavoro a stabilire anno per anno la quantità di risorse da assegnare. Una volta quantificati i soldi disponibili, l’Inail fornisce i dati su quanti hanno perso la vita. Sulla base di questi due fattori vengono preparate le tabelle con i risarcimenti che possono essere concessi alle famiglie.
Il decreto pubblicato il 14 maggio dal ministero guidato da Luigi Di Maio dice che per i casi avvenuti tra gennaio e dicembre 2018 ci sono solo 3,9 milioni di euro. In quell’anno, però, i morti sono cresciuti: 1.133 solo quelli emersi dalle denunce all’Inail, che sono sottostimate. Quindi i contributi si sono ristretti: se il famigliare “superstite” è solo uno, potrà richiedere 3 mila euro; 6 mila euro se sono in due, 9 mila se sono in tre e 13 mila se sono di più. Nel 2017 gli importi erano un po’ più generosi e andavano da un minimo di 3.700 euro a un massimo di 17.200 euro. Spiccioli se confrontati con quelli che sono stati versati nel 2012, quando chi restava solo poteva ottenere 9 mila euro e ai nuclei più numerosi andavano addirittura 25 mila euro.
Oggi le famiglie delle vittime del lavoro assicurate presso l’Inail ricevono già una rendita prevista da una legge del 1965. Questo aiuto, invece, funziona come una tantum, cioè è una somma fissa che viene versata in unica soluzione. Nato nel 2007, la sua funzione è dare un ausilio nel primo periodo in cui il nucleo si trova ad affrontare la perdita. Il fondo è anche molto inclusivo, perché ne hanno diritto anche quelli che non avevano un’assicurazione presso l’istituto. Per esempio, i liberi professionisti ma anche le forze dell’ordine, i militari e i vigili del fuoco.
Con il passare degli anni, però, ha subito costanti tagli che lo hanno portato a ridursi del 60% rispetto a quanto immaginato all’origine. Al suo esordio del 2007, in fase di lancio, il Fondo era pari a 2,5 milioni di euro, diventati 5 milioni per il 2008 e per il 2009. Nel 2010 si è partiti con la cifra a regime di 10 milioni, confermata nel 2011. Nell’anno successivo, il 2012, grazie all’aggiunta di 3 milioni avanzati negli anni precedenti, si è arrivati a 12,8 milioni. In ogni caso, numeri molto bassi rispetto all’intero bilancio dello Stato.
Eppure, dopo quell’anno anche questo capitolo ha dovuto subire i tagli. Nel 2013 è stato portato a 6,9 milioni, e negli anni dopo si è sempre aggirato attorno ai 5 milioni. Di pari passo è andato il taglio graduale degli importi riconosciuti alle famiglie che accedevano al fondo. Questo ha permesso, nonostante il drastico ridimensionamento, di realizzare tra il 2010 e il 2015 un nuovo avanzo da 1,9 milioni: nel 2017 il governo lo ha aggiunto ai 3 milioni messi sul piatto dalla legge di bilancio, portando il totale a 4,9 milioni.
Per il 2018, come detto, con soli 3,9 milioni si è raggiunto il record negativo, aggravato dall’aumento dei morti. “In una società giusta e civile – commenta Silvino Candeloro del patronato Inca Cgil – dovrebbe affermarsi il principio in base al quale di fronte a un aumento del numero dei morti si dovrebbe provvedere con un incremento di risorse da destinare ai superstiti e non il contrario”.
Il governo gialloverde ha deciso l’aumento di un milione del Fondo, che però varrà per i casi avvenuti solo nel 2019.