Poche le strade ancora aperte per il risarcimento dei risparmiatori veneti spinti nel biennio 2013/2014 con manifeste violazioni di legge, indebite pressioni, inganni e malizie di ogni tipo, ad acquistare a prezzi davvero ignobili azioni della Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza [BPVi], già allora prive di alcun valore economico.
Le possibilità di agire giudizialmente nei confronti delle due banche sono, infatti, sfumate con l’avvio della liquidazione coatta amministrativa, le richieste risarcitorie nei confronti della Banca Intesa Sanpaolo cessionaria delle attività in bonis dei due istituti sono state precluse dal dl. 99/2017, e le speranze di ottenere un equo risarcimento dalle Istituzioni sono state frustrate dall’attuale Governo che, ben che vada, riconoscerà il misero indennizzo di un 30% del costo d’acquisto senza rivalutazione, interessi e spese.
Nessuna ragionevole prospettiva di risarcimento può, poi, derivare dall’insinuazione al passivo delle procedure liquidatorie per la loro manifesta incapienza o dalla costituzione di parte civile nei processi penali, per il repentino e improvvido [ma certo non inatteso] depauperamento di tutti gli imputati sotto processo.
Molto complessa e di esito incerto è la chiamata in causa della Consob e della Banca d’Italia, sicché l’unica concreta possibilità di ottenere un adeguato risarcimento è di avviare un’azione risarcitoria nei confronti delle due società di revisione, la KPMG e la PwC, che hanno certificato con giudizi senza rilievi i bilanci al 31.12.2012 e al 31.12.2013 – rispettivamente della Bpvi e della Veneto Banca – la cui falsità è oramai conclamata.
Così agendo, sono, infatti, entrambe venute meno ai propri obblighi di legge e di contratto, motivo per il quale la Consob le ha entrambe multate con sanzioni di 300.000 euro la prima e, addirittura, di 600.000 euro la seconda; un’azione risarcitoria nei loro confronti è, quindi, ampiamente supportata a livello documentale e fondata sul chiaro disposto normativo dell’art. 15 d.lgs. 39/2010, sulla cui base le società di revisione rispondono per inadempimento nei confronti dei terzi danneggiati dal loro operato.
I dubbi che taluni avanzano in merito all’effettiva consistenza patrimoniale della KPMG e della PwC e alla loro conseguente capacità di fare fronte alle richieste risarcitorie sono facilmente fugati da un triplice ordine di considerazioni.
Innanzitutto, la loro significativa dimensione d’azienda con fatturati annui nella sola Italia superiori a 600 milioni di euro [e a livello mondiale vicini a trenta miliardi di euro]; in secondo luogo le loro ampie coperture assicurative contro la responsabilità professionale; infine, il non elevato ammontare complessivo dei risarcimenti da corrispondere rispetto all’entità del danno arrecato, poiché non più di qualche migliaio di azionisti – a largheggiare – scenderà in campo contro le suddette società.
Infatti, l’estremo tecnicismo delle azioni risarcitorie nei confronti delle società di revisione rende di notevole complessità sia la preparazione dell’atto di citazione [che richiede la raccolta, selezione e organizzazione della ingente documentazione probatoria disponibile] sia la successiva gestione della fase istruttoria, essendo le società di revisione difese dai migliori studi legali su piazza.
Sicché, a conti fatti, solo richieste risarcitorie – anche collettive – di almeno cinque milioni di euro giustificano l’impegno da profondere nell’avviare e condurre a termine tali procedimenti giudiziari. Ciò preclude la possibilità di agire alla grande maggioranza degli azionisti residenti nelle più svariate regioni italiane dove pure operavano le banche venete [Sicilia, Puglia, Basilicata, Marche, Lazio, Toscana, Umbria] il cui sostanziale isolamento ne rende difficile l’aggregazione.
Fuori partita sono, peraltro, anche le decine di migliaia gli azionisti che si sono affidati ad autodichiaratesi battagliere Associazioni di risparmiatori, a parole pronte, anzi prontissime, ad agire contro la Banca Intesa, la Consob, la Banca d’Italia, a rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea e, se del caso, anche all’ONU. Alla prova dei fatti, come le recenti vicissitudini del Fondo di indennizzo Risparmiatori [FIR] hanno mostrato, perfino timorose di avviare per i propri assistiti una procedura arbitrale presso la Consob [l’ACF], la cui difficoltà tecnica è davvero minima.
L’azione risarcitoria verso le società di revisione è, peraltro, soggetta a prescrizione stretta, ovvero un quinquennio decorrente dalla data di deposito della relazione di revisione, sicché i prossimi 2 e 4 aprile verranno a scadere i termini per reclamare i danni conseguenti all’acquisto di azioni nel corso del 2014, laddove sono già scaduti quelli relativi agli acquisti del 2013. Chi intende procedere, deve pertanto affrettarsi.