(Adnkronos) – Latte crudo e formaggi derivati “sono sempre a rischio di infezioni anche gravi”. Prodotti non adatti, in particolare, “a bambini, anziani e persone con un sistema immunitario fragile”. Lo ricorda all’Adnkronos Salute Stefano Morabito, direttore del reparto Malattie a trasmissione alimentare dell’Istituto superiore di sanità, che evidenzia come la questione sia sempre da ‘attenzionare’ perché “ci sono i casi che lo impongono”. L’ultimo segnalato riguarda un bimbo di 9 anni ricoverato qualche giorno fa a Trento per un’infezione intestinale legata probabilmente al consumo di un formaggio a latte crudo. “E’ una questione che è ‘sul tavolo’ anche per gli esiti drammatici di alcune vicende”, aggiunge l’esperto. “Il latte ricorda – è un prodotto di origine animale. E gli animali, i bovini in particolare e i ruminanti in genere, ospitano un’ampia popolazione di microrganismi, alcuni dei quali sono patogeni per l’uomo. Tra questi l’Escherichia coli produttore di Shiga-tossine, quelle legate al recente ricovero del bambino”. Anche il virus dell’aviaria, che negli Stati Uniti colpisce i bovini, “ha una rilevanza potenziale, ma attualmente le infezioni che preoccupano di più sono quelle da Escherichia coli”. La conseguenza peggiore dell’azione di questo patogeno è la sindrome emolitica-uremica, malattia grave che può essere anche letale. Per questa patologia “in Italia abbiamo in media 60-70 casi l’anno, un po’ meno di un terzo sono tracciabili o comunque ascrivibili al consumo di formaggi al latte crudo”, evidenzia Morabito ricordando che, invece, per infezioni meno gravi legati al consumo di questi alimenti, che si risolvono a domicilio, “si possono stimare un migliaio di casi l’anno”. L’esperto Iss ricorda che, quando si parla di latte crudo, il riferimento è “una a galassia di prodotti, non tutti a rischio, che vanno da formaggi a pasta molle a bassa stagionatura fino a formaggi a pasta dura molto stagionati e sottoposti a processi produttivi che li rendono assolutamente sicuri come il parmigiano reggiano o grana padano”. Alcuni di questi formaggi, infatti, “prevedono comunque un passaggio a temperatura superiore ai 46 gradi durante la fase di produzione dopo la rottura delle cagliate. E dei periodi lunghi di stagionatura. Altri formaggi non prevedono questo passaggio termico e hanno degli intervalli di stagionatura molto più contenuti. Questo chiaramente rappresenta un rischio, soprattutto per i consumatori fragili – bambini al di sotto di 10 anni, anziani, immunocompromessi – che sono spesso le vittime di queste infezioni, come è successo la settimana scorsa a Trento”, conclude l’esperto che suggerisce di controllare le etichette dei formaggi, in particolare a bassa stagionatura, evitando di far consumare quelli a base di latte crudo alle categorie a rischio. Per chi, invece, non vuole rinunciare al bicchiere di latte appena munto, “l’importante è bollirlo prima di berlo”. Altrimenti meglio “il latte pastorizzato, ha tutti i nutrienti ed è sicuro”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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