Il ritorno indispensabile alla politica. Ne parliamo con Francesca Carli: “Il centro c’è ed è molto popoloso: è il partito del buon senso”

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Francesca Carli, presidente di Sintesi APS
Francesca Carli, presidente di Sintesi APS

In occasione del dialogo con i lettori di VicenzaPiù Viva per il numero in edicola di dicembre e per la presentazione per loro di “Quella strada per il lago”, opera prima di Massimo Parolin, abbiamo incontrato ieri al bar Minerva Francesca Carli, stimata, come si diceva una volta, insegnante di lettere e, poi, per molti anni impegnata in incarichi di dirigenza scolastica, presidente di Sintesi APS, un laboratorio di ricerca sociale e culturale, dedicatasi con passione crescente alla politica con un occhio attento all’inizio verso Italia Viva, ma poi sempre più indirizzata verso Azione di Calenda.

Ne abbiamo approfittato per parlare con lei di un tema che fa parte sempre di più dell’agenda politica nazionale, il ruolo del centro in un sistema che voleva essere bipolare ma che, se lo è stato, ora lo è sempre meno se non per alleanze costruite a scopo elettorale per la pura caccia ai voti che, alla fine, sta facendo fuggire i “votanti” in assenza di una reale progettualità politica. Sentiamola.

Francesca Carli, il centro c’è ed è molto popoloso: è il partito del buon senso?

Ogni lustro ha le sue mode, l’anno nuovo che si apre già si preannuncia come il periodo storico che in politica segnerà la moda del centro.

Tutti lo rincorrono, la sinistra riformista, la destra cosiddetta moderata, e i nuovi fondatori, o aspiranti tali, che insoddisfatti del partito in cui per anni hanno militato per ragioni varie, tutte lecite, stanno per partire alla costituzione del partito di centro che mancava, quello più liberale, più democratico, più bravo e bello rispetto a ciò che già esiste.

E si capisce perché ci sia questa corsa o rincorsa ad occupare uno spazio che non può che essere popoloso perché le sue idee, i suoi valori sono quelli che molti, direi moltissimi di noi, se rispondessimo sinceramente ad alcuni semplici ma basilari interrogativi, riconosceremmo come ovviamente condivisibili.

Quelli del buon senso che animò tanta, buona, parte della politica della ricostruzione post fascismo?

Eh, già, il buon senso: patrimonio etico un po’ vintage? Ma proviamo a ragionarci sopra un attimo. Le risposte a pochi ma fondanti quesiti diamocele in silenzio, magari dopo averci riflettuto un po’.

Se quel centro, anzi questo centro rivolto alle idee, ad esempio, riuscisse a fare una battaglia senza se e senza ma contro l’evasione fiscale?

Abbiamo il coraggio di dirci che diminuendo il contante si abbasserebbe l’evasione? E che se tutti pagassero le tasse ciascuno di noi avrebbe servizi sociali migliori?

E che dire dei milioni di euro investiti per finanziare da parte delle Stato aziende decotte da decenni? Ma la gestione dello Stato è davvero sempre la più efficiente ed è quella che risolve i problemi?

E se i bravi docenti venissero gratificati dei loro meriti? E se davvero il merito diventasse un criterio regolatore dell’amministrazione pubblica?

E se l’immigrazione fosse gestita senza retorici paternalismi ma con azioni concrete, per esempio con scuole di formazione per gli stranieri che arrivano nelle nostre città?

A quali altri se bisognerebbe rispondere costruttivamente per un’Italia migliore?

Ah, se anche in Italia l’energia costasse come in Francia, come in tanti altri Paesi europei, forse l’industria non segnerebbe i segni meno che tanto ci spaventano, giustamente.

Eh se la smettessimo con i populismi? A proposito, per chiarezza, populista è colui che si ferma ai proclami, che non dà soluzioni ma cerca le paure del momento da usare come bandiere ideologiche…

Ma il Centro ha commesso errori

Certo e, a volte, anche gravi. Ma la sua storia, certo breve come presenza elettorale ma decennale nei presupposti programmatici, è fatta di esperienze concrete, di battaglie vinte, di intuizioni illuminanti, di un metodo che si chiama pragmatismo, un metodo fondato sui dati, sulla ricerca, sugli studi: prima come fare e solo dopo proporre, con la diligenza e l’accortezza del buon padre di famiglia, come recita il diritto. E allora, non sarebbe forse un po’ saggio dare linfa al buon senso? Pensiamoci…

A volte, ecco cosa si sente sotto le parole di Francesca Carli, dovrebbe essere “centrale” un ritorno al desiderio, necessario, di “costruire”, dopo confronti ideali pressanti ma non solo per fare polemica.

Questo desiderio fu tipico dei padri fondatori della Repubblica, che, partendo dalle loro diversità e ancora con le ferite sanguinanti delle divisioni del ventennio, nella scrittura della Costituzione fecero il maggior esercizio di buon senso, utile a tutto il Paese e, perciò, inviso alle sue forze più buie: fu per questo motivo che divampò la strategia della tensione e che l’omicidio di Aldo Moro nel 1978 frenò l’evoluzione politica del Paese fino ad arrivare, nel 1992, a tangentopoli e alla dissoluzione dei partiti. Da ricostruire intorno alle idee.

Con buon senso…