(Articolo da Vicenza Più Cool n.1, supplemento di Vicenza più Viva, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
La volta che Roberto Montanari, “El Pintor de los Toros”, venne a Vicenza, fu grazie all’amico Ettore Puricelli, allenatore del L.R. Vicenza.
Il tecnico uruguaiano organizzò dapprima una mostra al “City Hotel” del pittore ravennate e poi lo convinse a trasferirsi nel capoluogo berico, dove gli trovò appartamento e galleria in quel di viale Milano, proprio di fronte a casa sua. Montanari mostrò fin da bambino un interesse smodato per la pittura e per l’animale totem della Spagna, tanto da fargli guadagnare lo pseudonimo di “pittore dei tori” e divenire l’icona della sua arte. L’esuberante artista romagnolo frequentò dapprima l’accademia di belle arti di Ravenna e, dopo un periodo in Francia per approfondire l’analisi degli impressionisti, si recò in Spagna dove studiò alla prestigiosa accademia di Madrid. La meta iberica serviva a Montanari per provare quell’emozione elevata, quell’autenticità, quell’energia inquieta, che sono l’estro ispiratore e l’essenza della sua arte e che si possono definire con la parola spagnola “Duende”. Solo chi lo possiede può comprendere e trasmettere l’inquietudine e la sofferenza dei tempi.
Neppure Garcia Lorca riuscì a definire tale termine, ma solo aiutarne la sua intuizione. Gli artisti che hanno il duende sono caratterizzati da un moto instancabile dell’anima e accelerano la loro arte oltre la perfezione tecnica e sono inarrivabili. Ed è in questa formazione del pittore, che si deve rintracciare l’effettiva derivazione psicologica delle sue opere. Un altro tema molto caro a Roberto Montanari e ricorrente nei suoi quadri sono i paesaggi andalusi col sole allo zenit. Montanari amava percorrere le vie che poi ritraeva e i suoi paesaggi mostrano la dimensione ideale dove rifugiarsi, nella totale assenza di persone, quasi che la figura umana disturbi la quiete ideale dell’anima. Sono opere tridimensionali per cui la calle impressa nella tela da Montanari, segue lo spettatore, mentre si sposta, partendo dal centro, sia verso destra, che verso sinistra; in queste tele c’è così tanta luminosità, da potere essere ammirate anche al buio.
I paesaggi andalusi di Montanari sono inondati di sole, di luce e fiori e dipinti con un fine tratteggio utilizzando la tecnica acrilica, che richiede una mano ferma e sicura nell’esecuzione. Nel pieno dell’estate, a mezzogiorno il sole è potentissimo, e la luce è assolutamente pura, senza una nuvola, il sole e la luce nella loro versione più limpida sono la condizione più normale per il cielo dell’Andalusia e dei paesaggi di Montanari, “Il giardino dell’Eden”, secondo le parole dello scrittore spagnolo Antonio Muñoz Molina. I paesaggi andalusi inondati di sole sono incredibilmente belli!
Roberto Montanari amava molto il gioco di contrasti, di colori, di luci e ombre ed uno di questi è rappresentato dall’innocenza presente nei suoi paesaggi e la bestialità dei quadri che ritraggono i tori, altro tema simbolico della sua arte. I tori sono ritratti dall’artista mentre corrono liberi nel campo pronti a combattere per stabilire la nuova gerarchia: il toro più aggressivo vincerà, sarà il nuovo capo e imporrà il suo dominio; metafora della vita, dove l’artista punta il dito sulla società attuale e i suoi meccanismi aggressivi per affermarsi. I tori sono una costante dell’arte del pittore, che li amava proprio per il loro temperamento inarrendevole nell’affrontare la vita. Roberto Montanari riesce magistralmente a creare una connessione con lo spettatore: lo sguardo del toro si posa su chi lo sta guardando e lo segue ovunque e il toro, rapido e forte, sembra quasi stare per rompere la tela per uscire: caos, combattimento, vita, morte. Montanari con la sua tavolozza di colori, usa il contrasto cromatico per esprimere lo scontro tra la vita e la morte; lo stesso colore giallo ocra utilizzato dal pittore per lo sfondo in cui sono contestualizzati i tori, serve a rendere l’idea del preludio allo scompiglio tra gli animali. Questa è l’arte che Montanari ha portato con sé a Vicenza e che illuminava le vetrine della sua galleria di viale Milano, dove venivano a fargli visita i suoi amici e colleghi. Quel viale dove ancora oggi riecheggia il suo vocione allegro e scanzonato, che salutava tutti, ma proprio tutti, facendoli sentire importanti con il suo entusiasmo, perché Montanari non aveva di certo barriere comunicative.
E a tutti ripeteva con orgoglio di essersi fatto da solo e in quella via centrale di Vicenza ancora si parla di lui, della sua schiettezza, della sua genuinità, della sua generosità, ma soprattutto della sua semplicità: lui, così grande faceva in realtà sentire grandi gli altri.
Aveva scelto Vicenza, ma non aveva mai perso la sua anima romagnola, era sanguigno e sincero e aveva superato prove durissime nella sua vita, ma ha lasciato ai vicentini un insegnamento e un ricordo di leggerezza. Era come i tori che dipingeva: si rialzava sempre dopo ogni prova della vita, ma anche i suoi tori alla fine muoiono nell’arena e in quella morte dipinta dal suo estro, accanto, nella stessa tela c’è tanta vita che afferma la sua ragione di esistere.