Politica e giurisdizione: l’intervento dell’avv. prof. Rodoldo Bettiol sulla riforma della Giustizia del ministro Marta Cartabia

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Riforma Cartabia approvata anche al Senato
Riforma Cartabia approvata anche al Senato

La Costituzione vigente prevede la separazione dei poteri legislativo, esecutivo, giudiziario in linea di principio. Tale separazione, tuttavia, non esclude la collaborazione dei poteri.

Il potere legislativo spetta al Parlamento, ma il Governo ha iniziativa legislativa. La magistratura è ordine indipendente, ma l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici spettano al Ministro della Giustizia. La magistratura è ordine indipendente ed i giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Il quadro formale della Costituzione è tale dunque da escludere indebite commistioni tra magistratura e politica.

Nondimeno il pericolo delle stesse sussiste.

La recente legge di riforma dell’Ordinamento Giudiziario (la cosiddetta riforma Cartabia, ndr) prevede pur sempre il collocamento fuori ruolo dei magistrati in seguito all’assunzione di incarichi presso i ministeri prevedendo una riduzione del numero. Il punto è, a mio avviso, delicato.

Quali sono i criteri di scelta del Magistrato da parte del Ministro?

Si può pensare ovviamente ad una particolare competenza tecnica. Non si può, però, nascondere il pericolo che la scelta sia stata determinata da particolari scelte del magistrato nell’esercizio della giurisdizione conformi più ai desideri del Ministro che all’obbiettiva applicazione della legge.

Riteniamo che il pericolo sia remoto ma va comunque segnalato.

A nostro avviso, tuttavia, se può giustificarsi la nomina di magistrati al Ministero della Giustizia, non si comprende perché la stessa avvenga anche per altri ministeri, quasi ci sia la mancanza di esperti che non siano magistrati.

Un fenomeno non di poco conto è quello relativo alla partecipazione dei magistrati alle elezioni politiche e amministrative, nonché all’assunzione di incarichi di governo nazionale, regionale e locale. Risulta chiaro come la partecipazione del magistrato alle competizioni elettorali ove per forza si assume una posizione di parte, vada contro quanto meno sotto il profilo formale all’immagine di imparzialità propria della magistratura.

Si ritiene, tuttavia, che anche al magistrato spetti il diritto di partecipare alla vita politica ed in particolar modo alle competizioni elettorali.

La legge, pertanto, non esclude l’illeggibilità del magistrato alle cariche politiche. Pone, peraltro, dei paletti a salvaguardia appunto dell’imparzialità della magistratura.

L’eleggibilità è così esclusa nell’ambito territoriale ove i magistrati prestino o abbiano prestato le loro funzioni nei tre anni precedenti la loro accettazione alla candidatura.

Per le elezioni parlamentari l’ente è quello regionale, per le elezioni amministrative quello provinciale.

E’ necessario che nell’atto dell’accettazione della candidatura siano in aspettativa senza assegni.

Il collocamento senza assegni è previsto per l’assunzione di incarichi governativi. Non possono assumere le cariche i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura.

I magistrati eletti o nominati a incarichi governativi sono in aspettativa obbligatoria e posti fuori ruolo per tutta la durata del mandato.

I candidati non eletti sono collocati in ruolo fuori dalla Regione compresa nella circoscrizione elettorale ove hanno presentato la candidatura.

E’ fatto divieto di esercizio delle funzioni di giudice per le udienze preliminari, Pubblico Ministero assunzioni di incarichi direttivi o semi direttivi per tre anni.

I magistrati eletti entrano, invece, nei ruoli della Pubblica Amministrazione.

Analoga disposizione vale per i magistrati nominati a cariche di governo.

E’ evidente come il rischio di indebite commistioni tra magistratura e politica sussista.

Le candidature non piovono dal cielo, ma presuppongono l’appoggio di forze politiche.

Il criterio di territorialità della candidatura è rimedio solo parziale a salvaguardia dell’immagine dell’imparzialità del magistrato. Le scelte delle forze politiche, soprattutto per quanto riguarda il Parlamento sono a livello nazionale ed è sempre possibile un condizionamento.

Ad elezione avvenuta o a nomina governativa assunta è escluso il rientro del Magistrato nell’ordine giudiziario.

La scelta legislativa appare corretta.

Il cittadino vuole un soggetto giudicante imparziale.

La carica politica elettiva è per sua natura espressione di parzialità, incompatibile con l’immagine di un giudice terzo ed imparziale quale la Costituzione la esige.

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