Russia, proteste pro-Navalny: più di 5 mila persone arrestate secondo ong Ovd-info

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Navalny Russia
Navalny Russia

La rabbia russa è più forte dell’inverno. A temperature siderali con molti gradi sotto zero, da Pietroburgo a Vladivostok, la Federazione ha protestato di nuovo, come promesso una settimana fa, contro l’arresto dell’oppositore del Cremlino Aleksey Navalny. Da Khabarovsk a Novosibirsk, a migliaia anche per le strade degli Urali: in 31 città russe si sono ripetute marce, arresti e violenza delle forze dell’ordine. Mosca blindata quanto la zona che circonda la Lubjanka, quartiere generale del Kgb, i servizi segreti accusati da Navalny di essere colpevoli del suo avvelenamento: chiuse sette fermate della metro della Capitale per impedire l’arrivo dei manifestanti. Alla fine di un giorno di rabbia giovane e “massovye zaderzhanya”, arresti di massa, riporta l’ong Ovd-info, che il record di detenzioni della settimana scorsa è stato superato: più di 5 mila persone sono finite in cella da un lato all’altro del Paese. Mentre si continua ad inseguire la cifra precisa in continuo aumento dei fermati, i numeri di anni a cui rischiano di essere condannati i manifestanti sono già noti: 15 anni per resistenza alla polizia, 8 anni per aver preso parte a manifestazioni non autorizzate. Mentre la Russia è per le sue strade, il tribunale di Mosca obbliga ai domiciliari – per aver violato le restrizioni sanitarie in tempo di pandemia – il fratello del blogger, Oleg Navalny, e l’attivista Ljubov Sobol. Fermata, ma rilasciata dopo poche ore, la moglie dell’oppositore, Yulia Navalnaya.

Un derisorio urlo di battaglia è stato ieri “Akvadiscoteka”, la pista da ballo subacquea che sarebbe nella presunta villa di Putin sul Mar Nero, la “reggia dello zar” al centro dell’ultima video-inchiesta di Navalny, vista sui social da oltre cento milioni di persone. Rielaborando lo sfarzo kitch dell’élite, alcuni hanno partecipato alle marce agitando scopini da bagno, perché quello di Putin, riferisce ancora l’indagine di Navalny, costerebbe oltre 500 dollari.

Contro la violenza esercitata dalle divise invia segnali di pubblica condanna la Farnesina: “Chiediamo il rilascio di quanti sono stati arrestati per aver fatto sentire pacificamente la loro voce”. Prima di arrivare nella Capitale russa il prossimo 5 febbraio per stringere la mano del ministro degli Esteri Serghey Lavrov, anche l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell chiosa: “La gente deve poter esercitare il suo diritto a manifestare senza paura della repressione, la Russia rispetti gli impegni internazionali”.

Era “il paziente tedesco” mentre si curava dall’avvelenamento da novichok a Berlino. Adesso, da quando ha deciso di fare ritorno in patria il 17 gennaio scorso, sapendo che c’erano poliziotti e manette ad attenderlo all’aeroporto, è diventato il “prigioniero russo” e per lui si schiera la nuova Washington del nuovo presidente Joe Biden. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken è tornato a denunciare le “tattiche brutali usate contro i manifestanti: rinnoviamo l’appello alla Russia affinché rilasci i detenuti”. Immediata la risposta alla Casa Bianca inviata dal ministero degli Esteri di Mosca che accusa gli Usa di “interferenza grossolana” nella sua politica interna promuovendo manifestazioni non autorizzate e fake news: “il sostegno a una violazione della legge da parte del segretario Blinken è un’altra conferma del ruolo svolto da Washington dietro le quinte”.

Michela A.G. Iaccarino