Le guerre annientano tutto ciò che c’è di sociale, tradizionale, umano, in qualunque territorio avvengano: è successo anche nella Riviera di Ulisse quando, con il secondo conflitto mondiale, la famosa Sagra delle Regne fu costretta ad interrompersi per riprendere, poi, soltanto negli anni ’50.
Fortunatamente, questa manifestazione folkoristica è riuscita ad arrivare fino ai giorni nostri e a parlarci, nel pieno del boom tecnologico, della Minturno che fu, diventando anche occasione perfetta per sfilate di costumi da Pacchiana che, ormai, si vedono sempre più di rado nel quotidiano.
Un omaggio alla protettrice della città – La Sagra delle Regne non è altro che un’antica festa del grano. Si svolge nelle contrade di Minturno (soprattutto, sulla terrazza di Portanova) nel secondo fine settimana di luglio ed è incentrata interamente sulle usanze contadine tipiche del luogo. Come ogni manifestazione locale, è portatrice di un messaggio: omaggiare la Vergine delle Grazie, protettrice della città, simbolicamente ospitata in un affresco della Chiesa di San Francesco (XVI secolo). Luglio, infatti, è il mese della mietitura del grano ed il trescato (le spighe battute) viene utilizzato come offerta alla Madonna per ringraziarla del raccolto.
Sfilate di carri votivi nelle contrade della città, danze, fuochi d’artificio, mostre, esibizioni di gruppi folkloristici (italiani e stranieri) e tantissime altre iniziative condiscono le giornate dedicate ai festeggiamenti, fondendo sacro e profano, vecchio e nuovo. La Sagra delle Regne, infatti, affonda le radici in riti pagani, probabilmente risalenti all’epoca greco-romana e – com’è accaduto anche per tante altre usanze – si è trasformata nel tempo acquisendo un valore più squisitamente religioso e cattolico: se da un lato, infatti, il termine regne sta ad indicare spighe e grano (“gregna“, dal latino gremia, è il mucchio di covoni, cioè di fasci di steli di grano), dall’altro si sa che la prima traccia recente ed ufficiale di questa festa popolare risale al 1801.
La tradizione, come detto, è rimasta intatta fino alla Seconda Guerra Mondiale, dopodiché venne rinnovata soltanto a partire dal 1954 grazie all’impegno della Pro Loco di Minturno. Oggi è promossa dai frati del Convento di San Francesco locale ed è, pertanto, diventata una festa francescana.
In particolare, dopo la vigliatura tello ranu, il raccolto viene caricato sui carri, benedetto e portato in processione come gesto di fede per offrire alla Vergine il prodotto più essenziale del quotidiano: la materia prima da cui si ricava il pane.
Si celebra e santifica, in questo modo, il lavoro nei campi, si ricorda il ritrovamento dell’affresco della Madonna custodito nella chiesa e si tramanda il significato più intrinseco della mietitura e della trebbiatura, raccontando di come i primi frati francescani del luogo siano riusciti a fare fronte alla carestia.
Il tutto si chiude con un momento simbolico e liberatorio molto intenso: il (finto) incendio del Castello Baronale, realizzato a notte fonda grazie a dei fuochi d’artificio opportunamente colorati e posizionati, che oggi è facile ritrovare immortalato in bellissime fotografie e immagini social disseminate per il web.
Un vero e proprio patrimonio culturale e popolare da custodire e rinnovare per continuare a fondere l’antico con un moderno che sembra sempre più distante da certe dinamiche.