Salute mentale in Veneto, CoVeSap: “servono professionalità e risorse, non solo assistenza”

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salute mentale in Veneto appello del CoVeSap
salute mentale in Veneto appello del CoVeSap

Sabato 22 gennaio si terrà l’assemblea regionale “SOS Salute Mentale nel Veneto” organizzata dal CoVeSaP, coordinamento veneto per la sanità pubblica. Oggi 17 gennaio si è tenuta invece una conferenza per presentare l’incontro di sabato e spiegare quali sono i temi su cui il coordinamento vuole puntare l’attenzione. “La pandemia di Covid ha aumentato casi di disagio mentale, aggressività, c’è stato l’aumento dei ricoveri del 95% di giovani in situazioni di urgenza – ha detto Salvatore Lihard -. In Veneto nel 2018 è stata di 54,5 euro la spesa pro capite per la salute mentale, la nostra regione era fanalino di coda dopo la Basilicata, nel 2019 ugualmente fanalino di coda dietro la Campania. Abbiamo deciso di mettere in campo un programma. Mai ho sentito da Zaia una parola rispetto al fenomeno del disagio psichiatrico. Abbiamo chiesto audizione in consiglio regionale e incontro con l’assessora Lanzarin per fare alcune proposte. Poi abbiamo lanciato l’appello SOS salute mentale in Veneto, a cui hanno aderito tra gli altri familiari di persone con problemi psichiatrici, l’ANPI, la CGIL del Veneto e di Venezia, ADL Cobas di Venezia”.

“Il nostro monitoraggio è stato sulle strutture delle Usl e il confronto con gli anni precedenti, che ci porta il dato di un taglio crescente di anno in anno. Con dati che si riferiscono a prima della pandemia”.

“Vorremo istituire una rete di solidarietà sul territorio – ha spiegato ancora Lihard. “La prima cosa che chiediamo è di rimettere mano alla legge 180 – ha aggiunto il dottor Pullia –  centralità del territorio, strutture sempre aperte e accessibili. Non basta l’assistenza, servono professionalità. La Regione Veneto attiva oltre 200 posti letto in strutture che non hanno funzione terapeutica. È importante che nel territorio le persone svantaggiate abbiano delle chance, ma questo vuol dire spendere su di loro. Una cosa inaccettabile è che ci siano le contenzioni meccaniche, cioè legare le persone al letto – ha detto ancora Pullia -. Serve un protocollo per superare la contenzione fisica. Per le persone minori poi c’è ben poco. Si parla poi in questi giorni del bonus psicologo. Noi pensiamo che sia un errore, anche se le persone si sono trovate in solitudine ad affrontare la malattia, i lutti, il lockdown, situazioni difficili in casa. Ma il bonus psicologo è una risposta a casaccio, la risposta dovrebbe essere più ampia, uno psicologo non è uno psicoterapeuta. Piuttosto rimetterei in campo quanto c’era negli anni ’70, con psicologi nelle scuole, etc”.