Sembra di stare dentro al Never Ending Tour di Bob Dylan, quello che è iniziato nel giugno 1988 e che non è mai finito. O, se preferite, l’immagine giusta può esser quella di un enorme Giro d’Italia dove la maglia rosa è assegnata per incontestabili meriti sportivi. A chi? A Matteo Salvini, vicepremier, ministro dell’Interno, leader della Lega e uomo delle lunghe distanze.
Già, perché l’autoproclamatosi Capitano nell’ultimo mese – ma il riferimento temporale è arbitrario – ha girato l’Italia come una trottola con ritmi da far impallidire chi, nello stesso periodo, gareggiava in sella alla bici: 75 tappe e altrettanti comizi da Nord a Sud. Mettendo insieme i tragitti per spostarsi da una piazza all’altra si arriva a 13.341 chilometri, al netto di deviazioni verso Roma o Milano: si tratta di due volte la distanza tra Lisbona e Baku (o tra Roma e New York) e di quasi quattro volte la lunghezza totale del Giro (quello dei ciclisti, appunto), oltreché, per gli amanti della scienza, di un migliaio di chilometri in più del diametro terrestre.
Viaggi mascherati a carico nostro?
Roba da far commuovere ogni sostenitore leghista, che sa di poter contare su un leader iper-attivo in campagna elettorale permanente, ma numeri un po’ più preoccupanti se si tiene conto del senso di solitudine che negli stessi giorni avranno provato i funzionari del Viminale, il palazzo dove Salvini ha l’ufficio e dove le sue presenze sono sempre più rare. L’elenco delle tappe elettorali è lunghissimo: tre o quattro città nello stesso giorno, centinaia di chilometri su cui, peraltro, sta indagando la Corte dei Conti per capire se qualcuno di quei viaggi sia stato mascherato da volo di Stato e messo a carico della comunità. Il 9 maggio si parte con sei tappe: Montegranaro, Osimo, Fano, Pesaro, Giulianova, Montesilvano. Il giorno dopo Salvini è a Catanzaro, ideale perché poco lontana da Platì, dove c’è un evento istituzionale. Utile e dilettevole insieme.
Così si va avanti per tutto maggio: Milano, dove annuncia che “il cuore Immacolato della Vergine Maria porterà la Lega alla vittoria”, e poi Alessandria, Albenga, Fossano, Bra, Potenza, San Severo, Firenze, Verona, Sassuolo. Piccoli e grandi centri, col record di incontri il 13 maggio, quando le piazze riempite sono sette tra Brembate, Dalmine, Lumezzane, Montichiari, Legnano, Schio e Bassano del Grappa.
Da Palermo a Novi: la tappa più lunga
Il 23 maggio altro primato: prima tappa a Palermo (è la commemorazione di Giovanni Falcone, ma è lo stesso Salvini a inserirla nei propri manifesti elettorali), poi Novi Ligure, distante appena 1.447 chilometri.
A balzare all’occhio c’è la continuità degli eventi, tanto che Salvini in un mese si ferma soltanto undici giorni. Altro record, se si pensa che quattro di questi (25 e 26 maggio, 8 e 9 giugno) è riposo forzato causa silenzio elettorale e che qualche giorno è stato necessario per calcolare i risultati delle Amministrative e studiare i ballottaggi. Per il resto, nessuna cesura tra prima e dopo il voto del 26 maggio: incetta di piazze prima, incetta di piazze dopo, nonostante i richiami dello stesso Salvini a smetterla con le campagna elettorale e a iniziare “a lavorare a testa bassa”.
Dopo il voto per l’Europarlamento gli appuntamenti sono comunque quotidiani, dal 31 maggio fino a ieri. A Mirandola, cuore dell’Emilia, il 4 giugno lo accoglie un cartello: “Più tortellini, meno Salvini”. Lui reagisce: “Vinciamo perché abbiamo più stile, cultura, educazione”. A Foligno, 5 giugno, dichiara di pensare agli italiani come a “60 milioni di figli”, forse annebbiato dalla fame: “In campagna elettorale ho perso 6 chili” (Ascoli, 6 giugno). Sul palco di Cesena gli regalano la maglia della squadra di calcio locale, con tanto di “Salvini 10” sulla schiena. Passano due ore e la società dirama una nota ufficiale il cui senso, parola più parola meno, è: “Noi non c’entriamo niente, ci dissociamo, i politici locali e nazionali evitino di strumentalizzare la nostra maglia”.
Salvini vede Casoria e Aversa, poi Campobasso, Tivoli e Civitavecchia fino al gran finale a Biella, Paderno Dugnano, Romano di Lombardia e Novate Milanese, proprio mentre in Lussemburgo i ministri dell’Interno dell’Ue si riuniscono per discutere di immigrazione. Ma non c’è tempo, ci sono i ballottaggi. Poi da domani chissà: magari arriverà il turno del Viminale.
di Lorenzo Giarelli, da Il Fatto Quotidiano