Salvini colleziona figuracce, ma il centrodestra è al 47%. Chi si accontenta gode… così così

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Salvini

L’ultimo episodio in ordine di tempo che mette Matteo Salvini, leader della Lega, in cattiva luce, almeno agli occhi dei suoi detrattori sui social e sui giornali, è la rinuncia al comizio che doveva tenere ieri a Mondragone, in Campania. Per le forti contestazioni subite, a suo dire dai soliti “centri sociali violenti”, ma secondo molti è stata una ribellione della gente del Sud che non ha dimenticato gli insulti subiti da Salvini quando “Padania was not Italy“. Prima delle contestazioni aveva parlato con un uomo che doveva essere in quarantena, oltretutto senza mascherina. Prima ancora c’era stata una foto scattata in treno in cui Salvini aveva la mascherina abbassata ed era seduto sui posti rossi, quelli dove c’è scritto di non sedersi per rispettare il distanziamento. Poi, anzi prima, la famigerata e fantozziana scena delle ciliegie divorate una dietro l’altra mentre Zaia parlava del dramma dei neonati colpiti dal batterio killer a Verona.

E non è finita qui: c’è stata la doccia fredda di Floris che gli ha ricordato in diretta che non può stare senza mascherina a meno di un metro dalle persone e il botta e risposta con De Luca a cui Salvini rinfacciava gli assembramenti per la festa per la Coppa Italia del Napoli e a cui il governatore campano rispondeva dandogli del “somaro” e rinfacciandogli a sua volta gli assembramenti per la sua manifestazione del 2 giugno.

Ogni giorno, a voler ben vedere, ce n’è una, e a differenza del periodo in cui il suo partito veleggiava verso il 35% e Giorgia Meloni parlava di zucchine di mare, queste figuracce vengono riportate dai media associandole ai sondaggi che vedono la Lega al 25,5% (che è comunque più dei partiti di governo) e Fratelli d’Italia al 13,5%.

I detrattori, quindi, sottolineano con forza quella che sembra una caduta libera del leader leghista, che ha perso 10 punti in meno di un anno. Se il trend negativo continuasse così, la Lega potrebbe tornare paradossalmente a quel 4% da cui era partita quando Salvini divenne segretario. Con grande gioia dei suoi detrattori. Ma perché godere delle disgrazie altrui? Il centrodestra, attualmente, è al 47%, cioè è molto forte (il Berlusconi del 2008 con il PDL era al 48%). Se si dovesse votare vincerebbe le elezioni a mani basse. Dov’è la vittoria?

Se Salvini perde la sua credibilità politica, se ne avvantaggia Giorgia Meloni, ed eventualmente Forza Italia, spesso data per morta ma sempre rialzatasi, ma anche Matteo Renzi, che con il suo 3,4% può far cadere il governo PD-M5S consegnando il Paese alla destra in qualsiasi momento. Poi con Calenda, Bonino, Toti e Carfagna potrebbe formare un polo centrista-moderato che toglierebbe voti sia al centrosinistra che al centrodestra e si guadagnerebbe un ruolo nel prossimo governo di grande coalizione o di unità nazionale (in attesa di una legge elettorale seria che introduca il secondo turno).

Ma, viene da chiedersi, ad uno di sinistra cosa cambia se il leader del centrodestra e candidato premier è Salvini o Meloni? In ogni caso governeranno assieme nel 2023 o anche prima, a meno che sinistra, centrosinistra e 5Stelle non mettano in campo un programma concreto e convincente per gli italiani.

Nel frattempo magari questo governo potrebbe governare, invece che galleggiare, cercando di dare risposte concrete ai problemi cronici del Paese che l’emergenza Covid non ha fatto che acuire.

E tutto sperando, per chi non è di centro destra, oggi più destra che centro, che PD e M5S non facciano una campagna elettorale sotterranea e solitaria cercando di recuperare punti ognuno per conto suo, come stanno facendo in Veneto, in cui la già ardua sfida a Zaia diventa ancora più impervia senza una proposta unica: Cappelletti e Lorenzoni si pongono entrambi come alternativa a Zaia, spaccando di fatto a metà un eventuale elettorato deluso dal “doge” leghista, e Lorenzoni oltretutto non è nemmeno del PD dove c’è chi non ha ancora digerito la sua candidatura…

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