“I numeri sono incontrovertibili. Secondo classifiche ufficiali pubblicate sul sito web del quotidiano nazionale “La Repubblica”, la sanità veneta resta al primo posto per l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza, cioè quanto deve assicurato a tutti i cittadini. E i dati ufficiali testimoniano quanto vado ripetendo da anni: anche senza l’autonomia e a parità di fondi assegnati dal Fondo sanitario nazionale, esistono già due Italie. Una gestita con virtuosità e una pieno di sprechi e cattivi servizi per i cittadini. Chi sostiene, quindi, che l’autonomia creerebbe un’Italia di serie A e una di serie B, dice una bugia facilmente smentibile. E lo dice per mano degli stessi uffici dei dicasteri dove si sono succeduti ministri che hanno trascorso un anno e mezzo a urlare che la nostra è la secessione dei ricchi, che condannerebbe il Sud a restare per sempre fanalino di coda”.
Così il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, commenta la classifica nazionale sulla capacità delle Regioni di assicurare i livelli essenziali di assistenza (Lea) ai propri cittadini. Classifica costruita con decine di indicatori ministeriali e dati forniti dalle regioni stesse nelle tre aree di indagine (ospedale, distretto e prevenzione), che vede al primo posto il Veneto (con 222 punti su un massimo raggiungibile di 225), seguito da Toscana ed Emilia Romagna (con 220 punti), Piemonte (218), Lombardia (215 punti) e Liguria (211). In fondo alla classifica la Calabria (146 punti, 14 sotto la soglia minima richiesta), preceduta da Sicilia (165) e Campania (170).
“La classifica 2018, che certifica un ulteriore miglioramento della sanità veneta rispetto all’anno precedente nel garantire le prestazioni sanitarie a tutti i residenti– conclude Zaia – conferma la validità delle misure di riorganizzazione, omogeneizzazione nei servizi e buon governo adottate in Veneto, nonostante tutte le difficoltà create dalle rigidità imposte dalle normative nazionali e i trasferimenti contingentati. Se la sanità veneta funziona è perchè operatori e amministratori garantiscono il massimo impegno, nella specificità dei propri ruoli, con responsabilità e professionalità. Perché allora non lasciare al sistema veneto la possibilità di organizzarsi ancora meglio, riconoscendogli maggior autonomia nella gestione dei servizi sanitari?”.
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