Una chiesa benedettina, lo scorrere inesorabile del tempo, la forza inarrestabile della natura. Per un susseguirsi di vicende storiche e naturali, la Chiesa di Santa Maria di Cartignano è oggi un luogo dotato di un eccezionale ed evocativo fascino.
Gli antichi conventi e le abbazie in rovina sono monumenti che caratterizzano principalmente l’Inghilterra, la Scozia e il Galles. Ciò che resta sono gli imponenti scheletri di quelle che un tempo furono vive comunità monastiche, soppresse da Enrico VIII dopo lo scisma anglicano. Per chi ama la letteratura inglese, è d’obbligo ricordare Tintern Abbey, consacrata nei versi di William Wordsworth.
In pochi sanno, però, che anche nella nostra Italia è possibile godere dello spettacolo allo stesso tempo malinconico e affascinante che offrono queste rovine. A Bussi sul Tirino (provincia di Pescara), percorrendo la Strada Statale che conduce a L’Aquila, è impossibile non imbattersi nel complesso di ruderi appartenenti alla piccola chiesa di Santa Maria di Cartignano.
La chiesa
La facciata, che sembra una scenografia teatrale, nasconde dietro il suo aspetto austero degli interessanti elementi architettonici e decorativi.
L’aspetto della chiesa nel suo complesso è piuttosto parco: lo stile romanico benedettino è evidente nella semplicità della facciata a pietre rettangolari e regolari, come anche nel rosone centrale monolitico. La facciata, a salienti, presenta la particolarità del campanile a vela, di aggiunta quasi sicuramente successiva. Anche quello che un tempo era l’interno si presenta privo di decorazioni eccessive: la pianta si compone di tre navate, separate da colonne quadrangolari scandite da semplici archi a tutto sesto e decorate con delle sagome in rilievo di trote.
La storia
La posizione su cui sorgono le rovine della chiesa non è mai stata particolarmente felice. Il complesso è stato esposto, nel corso dei secoli, a continue alluvioni e terremoti che ne hanno forse determinato l’abbandono e ne hanno sicuramente causato la caduta in rovina.
Le origini di Santa Maria si perdono nel medioevo, sebbene la storia di questo luogo potrebbe risalire, almeno secondo le teorie formulate sul suo nome, già all’epoca romana. Il nome Cartignano, infatti, potrebbe derivare dal gentilizio (il nomen) del proprietario dei terreni della zona in epoca romana.
Quanto alle fonti certe sulla sua fondazione, sappiamo che nacque come cella benedettina alle dirette dipendenze di Montecassino, come attestato già nel 1021. Divenne monastero nel 1065 e lo rimase fino alla fine del XIV secolo, per poi passare sotto il controllo dell’Abbazia di San Liberatore a Maiella. L’attività monastica riprese a intermittenza nei secoli successivi, lasciando il complesso in balia dell’incuria, degli agenti atmosferici e delle calamità naturali.
La nuova vita di Santa Maria di Cartignano
È solo nel 1900 che la chiesa torna alla luce, sepolta com’era sotto una coltre di detriti alluvionali. Bisogna però attendere il 1968 perché venga attuato un vero e proprio restauro.
La scelta fatta in quella sede fu di lasciarla a rudere, rendendola quindi agibile e mettendola in sicurezza, senza tuttavia intervenire troppo sulla ricostituzione di parti ormai definitivamente distrutte. Il recupero della chiesa avvenne secondo una modalità di restauro che prende il nome di anastilosi. Questa tecnica consiste nel rimettere insieme i pezzi originali di un edificio, ricostruendolo, anche se solo parzialmente, senza aggiunte “artificiali”.
Durante il restauro fu portata in salvo la maggior parte degli arredi interni e delle decorazioni, primo fra tutti l’affresco contenuto nel catino absidale. Un’altra pregevole decorazione, il bassorilievo raffigurante il sacrificio di Cristo, è invece custodito della chiesa parrocchiale di Santa Rita di Bussi sul Tirino.