Cosa è successo: A quasi due mesi dal 24 febbraio, quando la Russia ha attaccato l’Ucraina per “denazificarla”, si tracciano i primi bilanci sull’efficacia delle sanzioni che Unione europea, Stati Uniti e diversi altri Paesi hanno imposto a Mosca come ritorsione per la sua aggressione.
Perché è importante: Al momento, il 19% dei Paesi del mondo ha deciso di sanzionare gli oligarchi o società russe coinvolte nella guerra in Ucraina. Una percentuale ancora troppo ridotta, nonostante questi Paesi rappresentino il 59% dell’economia mondiale. Come fa notare un’analisi dell’Ispi, la debolezza principale di queste sanzioni è l’assenza di sanzioni secondarie, ossia quelle che colpiscono Paesi che fanno affari con il bersaglio di quelle principali, in questo caso quelli che continuano a fare affari con la Russia. Il rischio è che presto le imprese russe possano trovare nuovi acquirenti in mercati emergenti come India o Cina, che al momento non si sono uniti al regime sanzionatorio. Questo vale anche per un asset fondamentale come il comparto energetico: se prima o poi l’Unione europea decidesse di fare a meno del petrolio e gas della Russia, questo sarebbe un danno per Mosca solo nel breve periodo, dato che in poco tempo la domanda europea potrebbe essere rimpiazzata da quella di Beijing e Nuova Delhi, sempre affamate di materie prime per alimentare un sistema economico in piena espansione. Anche sul capitolo marchi e imprese che hanno abbandonato il mercato russo, il fronte della condanna alla Russia mostra delle crepe. Delle 773 grandi imprese multinazionali censite dalla Yale School of Management, il 63% ha deciso di lasciare il mercato russo o congelare parte delle sue attività, ma il 17% prosegue i suoi affari, il 12% non ha ancora preso una decisione e l’8% ha soltanto ridotto la sua presenza. Come il governo cinese non si è unito alle sanzioni internazionali, anche le sue imprese hanno adottato una decisione simile: al momento tre multinazionali cinesi su quattro sono ancora presenti in Russia, peraltro erodendo posizioni di mercato dei loro competitor europei e americani. Interessante notare che l’allineamento cinese tra governo e privati non vale affatto per Francia e Italia: il 68% dei marchi francesi e il 64% di quelli italiani continua infatti a fare affari in Russia.
La nostra visione: Secondo i dati raccolti dall’Istituto per gli studi di politica internazionale, soltanto un terzo delle sanzioni economiche imposte nella storia ha raggiunto i suoi obiettivi. A influire è soprattutto l’allineamento di tutte le grandi economie internazionali per raggiungere uno scopo condiviso. Al momento questo non avviene, vista la ritrosia di Cina e India a interrompere i rapporti commerciali con la Russia. Non avviene e non avverrà. Inoltre, è sempre più chiaro sia già abituata a resistere alle sanzioni internazionali, visto che ne è oggetto dall’annessione unilaterale della Crimea nel 2014. Per quanto rappresentino un imperativo etico e un utile strumento di persuasione per costringere il Presidente russo Vladimir Putin ad arrivare a trattare con il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky per la fine di questa guerra, è chiaro che le sanzioni da sole non bastino a ottenere questo risultato.
Fonte The Vision