La Regione Veneto ricorrerà alla Suprema Corte di Cassazione per non pagare i 60mila euro di stipendi arretrati a Giovanni Artico, l’ex dirigente arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose e poi completamente scagionato. Una battaglia a colpi di carte bollate che ora arriverà al vertice della giurisdizione ordinaria italiana. L’accusa era di aver usato la sua posizione di dirigente responsabile del “Progetto Venezia”, il piano di disinquinamento della laguna, per far ottenere vantaggi alla Mantovani ottenendo in cambio l’assunzione della figlia e consulenze a un suo amico avvocato di Treviso.
Artico, ex sindaco di Cessalto, già stretto collaboratore dell’ex assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, resta in carcere un mese. Quando torna al lavoro, viene cambiato di ruolo e assegnato alla segreteria generale. Non solo: il giudice del lavoro autorizza la Regione a dimezzargli lo stipendio. E così avviene. Ma tutte le accuse a carico di Artico alla fine cadono: in Tribunale viene assolto perché il fatto non sussiste e anche la Corte dei conti lo scagiona. Artico ne esce pulito. Chiede alla Regione di essere reintegrato nel suo ruolo. Il che non avviene. Dopodiché chiede che gli venga riconosciuto quanto a suo avviso gli spetta dal punto di vista retributivo: tutto lo stipendio, non metà. Così iniziano le carte bollate. Nel frattempo, siamo a novembre 2015, Artico si licenzia dalla Regione e si mette a fare il consulente in ambito ambientale.
LA SENTENZA «Il mio assistito – dice l’avvocato Riccardo Del Giudice del Foro di Treviso – non ha perso una causa». La Regione Veneto invece ne ha perse due e ha pure ottemperato a due decreti ingiuntivi». Adesso c’è in ballo la somma più consistente: 60mila euro di saldo per le mensilità dal 2014 al 2015. La Corte di Appello di Venezia, sezione lavoro, con sentenza dello scorso maggio, ha stabilito infatti che ad Artico spetta il pagamento integrale della retribuzione dal momento in cui è stato scarcerato. E il Tribunale di Venezia, sezione lavoro, un mese dopo ha emesso un decreto ingiuntivo. Morale: la Regione deve dare i soldi al suo ex funzionario ed è qui che Palazzo Balbi si oppone: sul Bur di ieri sono stati pubblicati due decreti del presidente della Regione che autorizzano l’impugnazione della sentenza della Corte d’appello e l’opposizione al decreto ingiuntivo. Nel primo caso la Regione andrà dunque in Cassazione. «Dal punto di vista della valutazione giuridica l’impugnazione in Cassazione ci stupisce – dice l’avvocato Del Giudice – ma è anche vero che la Regione ha tenuto una particolare animosità giuridica nei confronti del dottor Artico. Che, ricordiamolo, finora non ha perso nulla».
Resta in piedi un altro procedimento, quello sulla laurea “inesistente” di Artico. Con un’altra argomentazione della Regione: se non era laureato non poteva avere quel ruolo di dirigente e quello stipendio. Altre carte bollate.