“SCHEGGE. Per favore non chiamateli uomini.” (video della presentazione un anno fa)
Storie di Violenza, ma ancor più di Donne e Violenza. Racconti dove il tempo sembra si sia fermato. Che tutto sia rimasto congelato. Gli stessi fatti che accadevano 200 anni fa rimbalzano, con un’attualità incredibile, nelle cronache dei nostri giorni.
Una trentina di storie narrate dall’autrice Rossella Menegato accadute principalmente in una città di provincia come Vicenza. Storie, e soprattutto storie di donne. “Da sempre sensibile al contrasto alla violenza di genere perché convinta che sia compito degli uomini e delle donne che non vivono queste situazioni e che non devono pensare quindi a sopravvivere alla quotidianità, portare avanti questa opera di sensibilizzazione, questo cambiamento culturale e, perché no, quella che mi piacerebbe diventasse una Campagna contro la violenza di genere e in genere.” Questa è la motivazione che ha spinto Rossella a scrivere il libro che inizia raccontando la triste vicenda di Antonia Crovato (1845) arrivando fino ai giorni nostri, passando per le poco note vicende di un gruppo di donne particolarmente caro all’autrice: le Partigiane.
Donne che hanno subito violenze inaudite fisiche e psicologiche ma alle quali è stata inferta un altro tipo di violenza più sottile ma non per questo meno efferata: quella di essere state completamente dimenticate.
Tentare inoltre di sollevare il velo sulle diverse tipologie di violenza (abuso di potere, violenza psicologica, rapporto violenza e tossicodipendenza, abuso di social network, violenza assistita), non solo violenza di genere. Violenza che non esclude, purtroppo, nessuno, neppure gli uomini. Ed è a loro che è dedicata l’ultima scheggia, perché le vittime di violenza, chiunque esse siano, non devono subire nessuna forma di discriminazione, di emarginazione o di pregiudizio.
“Schegge. Per favore non chiamateli uomini”. Titolo forte con l’obiettivo di generare quel “pugno allo stomaco” che induca più persone possibili a fermarsi a riflettere perché dietro ad ogni persona che commette un crimine c’è sempre un vissuto sofferto.
“Schegge. Per favore non chiamateli uomini” dal libro al teatro con il medesimo titolo messo in scena per la prima volta nel settembre 2018 a Vicenza e successivamente scelto da numerose altri comuni . E dal teatro alla Campagna formativa /informativa contro la violenza di genere e in genere con il coinvolgimento di numerose scuole superiori con un percorso di Alternanza Scuola Lavoro e non solo. Oltre alla sensibilizzazione delle giovani generazioni, fondamentale è anche il coinvolgimento della cittadinanza tutta. E allora il progetto si è ampliato con una rassegna cinematografica in collaborazione con la Società Generale di Mutuo Soccorso iniziata nel febbraio 2019. Ultima novità è la trasformazione in danza per la prima prevista per il prossimo 28 novembre con il Balletto di Siena.
Tutto ciò nato quindi da un libro-progetto che ha avuto finora numerosi partner che hanno dato un loro concreto appoggio sia istituzionali come la Regione del Veneto, il Comune di Vicenza e il suo Centro Antiviolenza, Comune di Caldogno, l’AULSS 8 Berica, i licei Lioy e Fogazzaro di Vicenza, il Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza e sia il mondo associativo con l’associazione Donne Medico della Provincia di Vicenza, l’associazione Divieto di Femminicidio, Donna chiama donna, Federfarma di Vicenza e tanti professionisti con il loro contributo personale.
Questa è la sintesi della storia del libro-progetto,documentata nel dettaglio nella pagina facebook L’IdeAzione- Vicenza Emozioni in Cammino, che avrebbe inoltre l’intenzione di sviluppare nuovi eventi-sfida per i quali servono nuovi partner che, nel rispetto anche dei principi della Responsabilità Sociale d’ Impresa, vogliono condividere lo sviluppo del progetto con la consapevolezza che spesso la violenza di genere e in genere non è dovuta ad una patologia, ma è frutto di mentalità retrograde, stereotipi difficili da superare, pigrizia nel non voler affrontare i mutamenti che l’avanzare del tempo impone difficoltà d’ascolto e relazionali.
E allora? Doveroso è tentare il cambiamento con tutti i mezzi possibili a partire dalla bellezza anche quindi con qualsiasi forma culturale che stimoli una presa di coscienza utile al tanto auspicato cambiamento.
Perchè non è normale che sia normale.
Lucio Zaltron – associazione culturale l’IdeAzione