Schiavon, la “sentenza”: “Veneto Banca cadde per gestione pessima di Bankitalia (e Bce) per salvare la BPVi. Hanno pagato solo i soci”

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Giovanni Schiavon ex vice presidente di Veneto Banca e presidente Tribunale di Treviso
Giovanni Schiavon ex vice presidente di Veneto Banca e presidente Tribunale di Treviso

Il dr. Giovanni Schiavon, già Presidente del Tribunale di Treviso, per un breve periodo (dall’8 maggio all’8 agosto 2016) Vice presidente di Veneto Banca e, quindi presidente dell’Associazione Azionisti Veneto Banca) ci ha fatto pervenire questo suo scritto che volentieri publichiamo dopo aver apprezzato altri suoi interventi da lui “affidati” per la loro veicolazione a VicenzaPiu.com come quello del 17 ottobre 2017 intitolatoLa commissione d’inchiesta sulle banche nata morta: l’opinione in esclusiva di Giovanni Schiavon, già vicepresidente di Veneto Banca ed ex presidente del tribunale di Treviso” e l’altro del 29 ottobre dello stesso anno dal titolo “La riconferma di Visco dimentica i soci delle ex BPVi e Veneto Banca ridotti sul lastrico anche dalle carenze della Vigilanza: l’opinione in esclusiva di Giovanni Schiavon“.

Ecco, quindi, il “contributo” di Giovanni Schiavon per una ricostruzione tutta da fare di fatti e di intrecci tra Banca d’Italia/Sistema – Banca Popolare di Vicenza – Veneto Banca 

Da sempre ho avuto dubbi sulla ricostruzione, veicolata con gran clamore dai media, che è stata fatta, anche dalla politica e dalle Autorità di Vigilanza, sulla fine di Veneto Banca.

I miei dubbi si sono rinforzati rianalizzando a posteriori quanto ho avuto modo di constatare durante il (seppur brevissimo) periodo che ho trascorso quale Vice Presidente della banca di Montebelluna.

A ulteriore conforto del mio pensiero viene l’interessante articolo su la Tribuna di Treviso del 1 dicembre scorso dell’ex Presidente Prof. Francesco Favotto (“Veneto Banca cadde sotto i diktat di Bankitalia e BCE”).

Ho sempre sospettato che Veneto Banca fosse stata sacrificata per salvare la Popolare di Vicenza e nasconderne le grandi problematiche che questa aveva.

E mi sembra che oggi, anche analizzando le emergenze del processo al Presidente ed ai manager della Popolare di Vicenza (qui tutti i nostri video esclusivi delle udienze, ndr), venga meno ogni possibile dubbio circa una precisa volontà, “a monte”, di utilizzare Veneto Banca per andare in soccorso di Popolare Vicenza in difficoltà e sia sempre più evidente la profondità della disinformazione creata dai veri responsabili della catastrofe.

Anzitutto, vale la pena di ricordare i fatti dai quali ha tratto origine l’intera vicenda e, al tempo stesso, prospettare un parallelo tra quegli accadimenti che hanno coinvolto i due istituti bancari: i quali – va ben sottolineato – pur essendo autonomi,  concorrenti e totalmente diversi uno dall’altro, sono stati, stranamente spesso accomunati in un anomalo e improbabile parallelismo, quasi fossero coinvolti in un unico opaco destino.

Questo stravagante concetto è stato spesso accreditato anche sulla stampa e, non essendo mai stato adeguatamente contrastato, ha finito per tradursi (magari anche involontariamente) in strumento di disinformazione e di confusione, che ha inciso non poco sul destino delle due aziende: quante volte si è parlato (a vanvera) dei problemi delle banche venete quasi esse fossero un’unica realtà, connotata da problemi sovrapponibili?

In vista dell’entrata in vigore della nuova vigilanza da parte di BCE, dagli inizi del 2013 e sino a metà aprile, Veneto Banca è stata sottoposta, con tutte le principali banche italiana, ad una prima ispezione di Bankitalia sul credito deteriorato e sui relativi accantonamenti. I risultati della memoria ispettiva sono stati portati a conoscenza del CdA nella seduta consiliare del 23 luglio 2013 dai rappresentanti di Bankitalia, con a capo il dr. Parascandolo. Veneto Banca risultava in linea con le altre banche esaminate e non fu avviato alcun iter sanzionatorio per i consiglieri e i manager.

Terminata la prima ispezione, di seguito lo stesso team ispettivo ne ha iniziato una seconda, di ordine generale, che è durata sino ai primi giorni di agosto; quindi una settimana dopo la comunicazione dell’esito della prima.

Le risultanze sono state consegnate al CdA il 6 novembre 2013 e il precedente giudizio di fine luglio fu completamente stravolto.

Sintetizzando, nella lettera a firma del Governatore Visco è stato scritto:” La banca non può continuare ad operare da sola ma deve fondersi entro  l’aprile 2014, quindi in un periodo molto breve, in una banca di adeguato standing, individuata in Popolare Vicenza (arguisce Schiavon con riscontri individuabili anche qui “Barbagallo con Zonin e Trinca in Bankitalia il 19 febbraio 2014, il verbale “secretato” dell’incontro: le due venete insieme ora o mai più!”, ndr). Tutti i consiglieri devono presentarsi dimissionari e nessuno di loro potrà far parte della nuova banca emergente dalla fusione”.

I consiglieri sono stati, quindi, giudicati del tutto inaffidabili e la coerenza avrebbe voluto il loro conseguente immediato allontanamento; invece è stata loro lasciata la gestione della banca dal 6 novembre 2013 sino a tutto l’aprile,  per ben sei mesi successivi, durante i quali avrebbero potuto procurare chissà quali ulteriori danni. Ma di questo Banca d’Italia non si è preoccupata perché, probabilmente, sapeva perfettamente che i consiglieri non erano come (ingiustamente) li aveva dipinti.

Per Veneto Banca i principali problemi rilevati dall’ispezione erano stati: 249 milioni di minori accantonamenti su crediti, a fronte di un totale di 27 miliardi di finanziamenti consessi, e 157 milioni di capitale finanziato (le cosi dette baciate).

Veneto Banca ha quasi interamente recepito i maggiori accantonamenti su crediti ed ha considerato finanziato capitale per 10,5 milioni anziché 157 milioni. Gli errori fatti dagli ispettori su questo ultimo aspetto sono stati talmente grossolani da far sorgere più di un dubbio sulla loro capacità di esame, se non addirittura sulla loro buona fede.

Dalla testimonianza di questi giorni del dirigente Banca d’Italia dr. Mauro Parascandolo al processo di Vicenza (“Processo BPVi 28 novembre, in video Parascandolo (Bankitalia): il castello di Zonin scricchiolava fin dal 2008 ma il medico lasciava decidere al malato” e “Processo BPVi 29 novembre 2019, Mauro Parascandolo in video: i sindacati segnalarono anomalie ma per Bankitalia andava tutto bene“), apprendiamo che la Popolare di Vicenza era sotto osservazione sin dal 2008 e da quella del dr. Giampaolo Scardone, capo team ispettivo Bankitalia presso BPVi, sappiamo (“Processo BPVi 17 dicembre 2019 Giampaolo Scardone in video: “Zonin sapeva dell’ispezione Bankitalia 2012”, anche se… miope come altre“) che già nel 2012 erano state rilevate oltre 200milioni di operazioni baciate, tuttavia considerate ininfluenti, dato il limitato importo!

A Montebelluna, invece,  era stato sufficiente inventarsi 157 milioni di operazioni finanziate per cominciare a distruggere la banca al fine di indurla a confluire in Popolare di Vicenza. E, ancorchè Banca d’Italia e Consob fossero a conoscenza dei reali problemi di quest’ultima, non c’è stata nessuna esitazione nell’autorizzare l’emissione di prestiti obbligazionari convertibili, nonché importanti aumenti di capitale sociale.

Mi pare, allora, che tali Autorità abbiano, all’evidenza, assunto gravi responsabilità nei confronti dei soci di Veneto Banca quando, pur avendo avuto ampia percezione delle criticità di quella vicentina, hanno progettato e portato avanti con determinazione un maldestro e opaco piano di fusione di Veneto Banca in una scricchiolante Banca Popolare di Vicenza.

Nella prima parte del 2015 il dott. Emanuele Gatti, ispettore Bankitalia prestato alla BCE,  ha scoperto in Popolate Vicenza un ingente ammontare di capitale finanziato (“Processo BPVi 26 settembre, Gatti (Bce) in video rivela la “pervasività” della mala gestio della banca. Rimane da indagare… il ruolo di Bankitalia” e “Processo BPVi 26 settembre ad “aula vuota”, Gatti (Bce) in video, parte 2 su “pervasività” della mala gestio. Nello sfondo… il ruolo di Bankitalia“).

Alla fine dei controlli, le baciate sono risultate di oltre 1miliardo di euro. Gatti però non ha chiesto l’allontanamento di tutto il CdA , come era stato fatto da Bankit nel 2013 per Montebelluna, ma si è limitata a riferire al Presidente Zonin. E’ stato estromesso il solo DG Samuele Sorato, mentre Zonin ha lasciato la banca soltanto a fine 2015. Nessun altro consigliere è stato toccato.

Sembra, allora, evidente la forzatura compiuta ai danni di Veneto Banca, così come appare inspiegabile il diverso trattamento usato per i due istituti; e prende ancora più consistenza il sospetto che tutto ciò fosse espressione dello sforzo del Capo della Vigilanza di far confluire VB in una BPVI in condizioni di estrema debolezza, al fine di annacquare i suoi reali problemi. Invece, Veneto Banca è stata (essa sola) fatta apparire talmente problematica da richiedere, addirittura, l’allontanamento di tutti i consiglieri.

Ma è dell’ottobre 2014 la clamorosa smentita, a seguito  di rigorosissimi stress test della BCE.

Come è noto con gli stress test e con l’AQR, BCE ha verificato la qualità dell’intero monte crediti, nonché l’adeguatezza dei relativi accantonamenti di 123 banche europee di medie e grandi dimensioni, fra le quali Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

Ma la BPVi ritenuta da Bankitalia banca aggregante, non ha superato la prova.

La Banca di Vicenza, non si sa come, era venuta a sapere in anticipo della sua bocciatura e il giorno antecedente alla pubblicazione degli esiti, si è impegnata a convertire un prestito obbligazionario, evidentemente con l’accordo di Bankitalia.

Ma per le regole BCE, ai fini dello stress test e dell’AQR, potevano essere presi in considerazione soltanto gli interventi sul capitale conclusi entro il giu 2014. Nelle evidenze ufficiali di BCE, la Popolare di Vicenza è finita fra le banche bocciate.

Si sono poi susseguiti eventi impensabili: a cominciare  dall’enorme danno reputazionale derivato dalla spettacolare (e totalmente inutile) perquisizione eseguita dalla Guardia di Finanza nella sede di Veneto Banca e nelle abitazioni del Presidente Trinca, del AD Consoli e perfino di soci, nella vana ricerca di prove di acquisti di azioni fatti con finanziamenti  della banca. Senza poi dimenticare il continuo e crescente incalzare di una Vigilanza sempre più invadente, che si rapportava a VB come ad una banca commissariata, con pressanti imposizioni.

E come si potrebbe dimenticare che, nell’assemblea straordinaria del dicembre 2015, in una situazione di grande difficoltà operativa e di immagine, l’allora Presidente Bolla ha portato avanti il progetto di trasformazione di Veneto Banca in s.p.a. e di sua successiva quotazione  in borsa, imposte dal c.d. Decreto Renzi (approvato con una decretazione di urgenza, con il voto di fiducia del Senato, dopo circa 130 anni di vigenza del sistema delle banche popolari!), leggendo una lettera indirizzata a Veneto Banca con la quale BCE faceva presente che i soci non avrebbero potuto decidere diversamente da quanto deliberato dal Cda, pena minacciosi e pesanti interventi punitivi?

E come non rendersi conto che nessun operatore finanziario o imprenditore sano di mente si sarebbe sognato di quotare in borsa una società in quel contesto di difficoltà, anche di immagine?

Un aumento di capitale e una quotazione in borsa imposti, benché di evidente connotazione suicida. Un aumento di capitale problematico e osteggiato nei fatti dallo stesso AD di allora, Cristiano Carrus che, in plurimi incontri pubblici con soci, non ha esitato a definire Veneto Banca come una moribonda, avviata verso un’ inesorabile fine. Non risulta che costui abbia mai subito sanzioni per un tale suo grave comportamento, connotato da precise responsabilità penali, pur segnalate all’Autorità Giudiziaria (ora Cristiano Carrus è CEO di Banca Popolare di Bari, disastrata ma “da salvare” con un intervento pubblico, ndr).

Coerentemente e com’era prevedibile, l’aumento di capitale è stato disertato dai soci, avendo ad esso partecipato solo il Fondo Atlante, come era stato accuratamente programmato; Fondo, creato qualche mese prima per volontà di Banca d’Italia e che è improvvisamente diventato proprietario del 98% del capitale sociale.

E così i soci sono stati espropriati quasi interamente della loro società che – ricordo – all’epoca aveva un patrimonio netto di circa due miliardi.

L’Europa non ha voluto sentirci e, pur consapevole che il destino delle due banche era, in tal modo, irreversibilmente segnato, ha continuato ad alzare sempre più le richieste di maggior capitale ed a rettificare i coefficienti patrimoniali.  Sembrerebbero così prendere corpo le tante voci che, allora, riferivano che le Autorità di Francoforte non sarebbero state contrarie a verificare cosa avrebbe potuto accadere con il fallimento di una banca in un Paese industrializzato.

Ma la fusione di Veneto Banca con Popolare di Vicenza ha continuato ad essere all’ordine del giorno. Il Presidente pro-tempore della banca di Montebelluna, Beniamino Anselmi, non ritenendola né utile né necessaria, nel novembre 2016 si dimise.

Il 6 dicembre 2016 è stato nominato AD di Popolare di Vicenza Fabrizio Viola che contemporaneamente è stato cooptato anche nel Cda di Veneto Banca, con lo scopo di preparare la fusione fra i due Istituti bancari; perché il vecchio e maldestro disegno, iniziato nel 2013, di far confluire Veneto Banca in Vicenza era sempre rimasto attuale.

Il 23 giugno 2017 BCE ha, quindi, accertato che Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca erano in dissesto o a rischio dissesto (ancora una volta sono state presentate come fossero un tutt’uno!).

Il 25 giugno 2017 il Governo Gentiloni ha approvato il Decreto Legge n. 99/2017, che ha disposto la liquidazione coatta amministrativa delle due banche,

Viola, già AD di Popolare di Vicenza e consigliere di Veneto Banca, figurava addirittura fra i commissari liquidatori di entrambe!

Nel frattempo Montepaschi di Siena, che aveva problemi ben maggiori, è stata salvata.

Veneto Banca e BPVi sono state regalate a Banca Intesa che ha portato a casa solo la parte in bonis delle due banche. In più ha preteso e ottenuto ben 5 miliardi circa di contributi a fondo perduto, che sono stati, anche questi, caricati sulle spalle dei soci delle due banche venete.

Concludo sottolineando quanto detto dal dr. Angelo De Mattia, già assistente del Governatore Fazio in Bankitalia, in un articolo su MF:

La gestione della crisi delle banche venete è stata la peggiore possibile”.

Ed a pagare questo disastro sono stati soltanto i soci.

Giovanni Schiavon