Cosa è successo: Uno studio pubblicato ad agosto su Proceedings of the National Academy of Sciences ha alzato il livello di allarme sulle conseguenze dello scioglimento del permafrost in Siberia e il conseguente rilascio di gas metano nell’atmosfera terrestre (qui altre selezioni di ViPiu.it da The Vision, ndr).
Perché è importante: Già da anni la comunità scientifica ha lanciato l’allarme sullo scioglimento del permafrost nelle regioni artiche. I motivi vanno dai migliaia di virus e batteri sconosciuti che potrebbero uscire dalla loro stasi di centinaia di migliaia di anni al rilascio di enormi quantità di metano nell’atmosfera terrestre, già sotto pressione per i gas di origine antropica. Secondo un recente studio, la situazione potrebbe essere ancora più grave di quanto già previsto: l’ondata di caldo record del 2020 ha infatti causato nella penisola di Tajmyr e nell’area intorno alla Siberia settentrionale un aumento delle emissioni di metano “potenzialmente in quantità molto più elevate” dovute allo scongelamento delle formazioni rocciose nel permafrost artico. Questa è una preoccupazione inedita rispetto al metano “microbico” dovuto al decadimento del suolo e della materia organica delle zone umide. Lo scongelamento del calcare (roccia carbonatica) rilascia infatti idrocarburi e idrati di gas da dove si è accumulato sia all’interno del permafrost che nello strato di terreno sotto di esso, con effetti molto più pericolosi. Nikolaus Froitzheim, professore dell’Istituto di geoscienze dell’Università di Bonn, si è basato insieme ad altri due colleghi su mappe satellitari che hanno rivelato formazioni rocciose larghe diversi chilometri e lunghe fino a 250. Secondo i tre ricercatori, queste superfici si sono crepate per le temperature record del 2020, rilasciando enormi quantità di metano. Attività che in parte è continuata a nche con il calare delle temperature durante la primavera 2021.
La nostra visione: “Quello che non sappiamo con certezza è quanto carbonio sia rinchiuso nel permafrost. Si parla comunque di grandi quantità, e mentre la Terra si riscalda e il permafrost si scongela, quell’antica materia organica è disponibile per i processi microbici e rilascia CO2 e metano”, sostiene il professor Robert Max Holmes del Woods Hole Research Center. Sempre citando Holmes, “Se qualcosa di quello che sta succedendo nell’Artico può toglierci il sonno, è proprio quello”.