Se desiderate leggere un buon romanzo che vi trasporti per qualche tempo in un mondo lontano eppure vicinissimo, aprite le pagine di ‘Se l’acqua ride’, ultimo lavoro di Paolo Malaguti appena pubblicato daEinaudi (183 pp., 18,50 euro).
Il protagonista della vicenda è giovanissimo e si chiama Ganbeto. Vive a Battaglia Terme con la sua famiglia, che da generazioni naviga fiumi e canali trasportando merci sulla Teresina, un burcio che ‘fa parte della famiglia da prima che lui venisse al mondo, come del resto l’acqua, che da sempre corre nel canale di Battaglia’. Scorre anche la vita di Ganbeto, nei mesi intensi a cavallo dell’ultimo anno di scuola media: tempo di amici e prime cotte, di sogni e domande sul futuro. A sostenerlo ci sono i ricordi dell’estate precedente, trascorsa sul burcio come aiutante del padre e soprattutto di Caronte, suo ‘nono’, misterioso maestro e affascinante iniziatore alla vita da barcaro. Ganbeto pensa di aver trovato la sua strada, farà il barcaro anche lui, ma siamo a metà degli anni Sessanta e la professione sembra condannata ad avere vita breve. Il trasporto di merci abbandona l’acqua, ed è il lavoro nella ‘Fabrica’ a permettere anche alle famiglie più umili i nuovi lussi del boom economico. A rimarcare con forza il passaggio sarà la devastante ‘acqua granda’ del 1966, drammaticaanche per Ganbeto che, terminata la scuola dell’obbligo, è nel frattempo diventato apprendista in un’officina meccanica: il sogno di diventare marinèr halasciato il posto al sogno della Vespa e al duro lavoro per potersela permettere… In un romanzo, più importante del cosa (la trama) è il come.
Ed è soprattutto su questo piano che Paolo Malaguti ha compiuto un lavoro assai pregevole. Anzitutto,l’insegnante e scrittore padovano (molto legato al bassanese per ragioni professionali e letterarie) ha saputo recuperare il mondo perduto dei barcari in modo convincente, con affetto e onestà ma senza mefitiche nostalgie. Rivive tra le pagine quell’attività dimenticata di battelli fluviali d’ogni tipo che, tra Veneto ed Emilia, trasportavano grano, farina, ghiaia lungo fiumi, canali e lagune. Ganbeto vive e racconta questa civiltà di fatto perduta che animava le sponde del Bacchiglione e della Brenta, del Sile, del Po e della laguna tutta, verso l’incanto di Pellestrina e di Venezia, ‘magia di pietra bianca e di luce’.
E certo Malaguti ci ha abituato alla serietà della ricerca storica che sta alla base di molti suoi libri, ma qui alza il livello della riuscita linguistica. ‘Se l’acqua ride’ da questo punto di vista è un libro artigiano, di cui si intuisce la lunga lavorazione e che come un burcio sembra costruito in uno squero (rampa per la manutenzione di barche e navi, ndr) con pazienza, perizia e ascolto dei maestri (Luigi Meneghello su tutti, alveo e risorgiva in molte pagine).
Quella di Malaguti è una lingua fluida eppure materica: ridà vita al mondo e al gergo di barcari, cavallari e osti, e al tempo stesso, con slanci di ironia e leggerezza, ricuce il rapporto (conflittuale anche nell’esperienza del protagonista) fra “l’italianità rotonda” della scuola e del maestro Manzi in Tv e il dialetto, che Malaguti usa con sapienza senza cedere alla macchietta; un dialetto “franante, liquido, senza confini né regole precise. Insomma libero”.
È un romanzo a cui si vuole bene per come sa raccontare l’ansia gioiosa della giovinezza e l’incanto di quando qualcuno, a suo modo un maestro, un giorno ti dice “vieni con me, bocia”, e il tuo orizzonte si spalanca. Un romanzo sui momenti di soglia e passaggio, in cui le diverse generazioni si scontrano fra loro e le vite dei singoli (il personaggio di Caronte è emblematico) cozzano con trasformazioni sociali e culturali più forti di ogni acqua granda.
Da questo punto di vista, è interessante soffermarsisul nome del protagonista. Lo chiamano così perché somiglia a un ganbeto, quel ferro ricurvo con un perno di chiusura che serve a unire fra loro due anelli di una catena, ed è il suo personaggio ad essere a tutti gli effetti un preciso raccordo e un passaggio, nel flusso della storia. Una volta abbandonata la Teresina diventerà “l’apprendista”, e basta, non conosceremo il suo nome di battesimo.
Se l’acqua ride’ è il romanzo apicale nel solido percorso di Paolo Malaguti, e un’ottima storia sul cambiamento. Ganbeto impara dall’acqua dei fiumi, “che un giorno ride chiara e trasparente, l’altro ringhia nera e vorticosa. Ma è anche vero che le cose, per altra via, resistono e sono dure a morire, di nuovo come l’acqua, che resta sempre lei, e fa sempre lo stesso giro”. Certo “una volta che l’acqua è passata non torna più, anche se il canale, a guardarlo, pare sempre lo stesso”. Un libro come questo, invece, per fortuna si può rileggerlo.