Il mondo culturale del Basso Lazio. Giuseppe De Renzi è un medico microbiologo. Da anni vive a Torino, ma le sue radici sono nel Golfo di Gaeta, a Minturno o, per la precisione, a Scauri visti i campanilismi endogeni di una frazione, Scauri, col doppio di abitanti del comune capoluogo. De Renzi non manca mai di tornare a far visita alle sue radici. E poi quelle radici si allungano anche nei suoi scritti. Perché De Renzi è uno scrittore, già al sesto romanzo pubblicato, che comincia ad avere un certo seguito tra il pubblico lettore nazionale.
L’ultimo romanzo, Caccia all’orsa (Leone Editore) è stato appena pubblicato, e il 25 settembre, alle 17, verrà presentato a Scauri, all’eco albergo L’approdo di Ulisse.
Vipiu: Lei che genere di scrittore è? Come si definirebbe?
Pino De Renzi (PDR): È una domanda che mi è stata già posta e quindi so rispondere () … io mi definisco uno scrittore ponte o se vuole di confine. La mia indole mi pone in continuazione a contatto con due tipi di realtà: quella reale e quella più metafisica. Il mio sguardo si pone esattamente a cavallo delle due. Al confine. È per questo che mi definisco così.
V+: È questo dunque uno dei temi a lei cari?
PDR: La mia anima di scrittore è attratta da ciò che è realtà ma soprattutto da ciò che la oltrepassa, oserei dire che la trascende. I miei temi più cari riguardano proprio la metafisica e la trascendenza. Non a caso i miei libri hanno sempre un qualche personaggio dalla doppia natura: umana e ultraterrena. Lo so, sono temi che forse possono apparire un po’ superbi o addirittura pretenziosi; non a caso i primi tre romanzi da me pubblicati li ho definiti pomposamente La trilogia dell’aldilà ma penso anche che la materialità delle cose nasconda dentro e fuori di sé valori e verità di cui l’essere umano sente la presenza e, forse, il bisogno.
V+: Quali libri ha scritto, ce li presenta brevemente?
PDR: Ho cominciato a pubblicare una raccolta di racconti dal titolo evocativo di All’Ombra della Grazia, con cui rivisitavo a modo mio temi mistici e storici.
Ma conteneva anche racconti biografici e addirittura erotici. Dopo ho cominciato a pubblicare diverse opere sperimentali, spesso in collaborazione con altri autori. Ho pubblicato libri a carattere multimediale, pamphlet politici, testi teatrali, sillogi di poesie e perfino un romanzo di fantascienza scritto a quattro mani con una mia carissima amica. Lo sforzo maggiore però è sicuramente stata la Trilogia dell’Aldilà, composta da tre thriller (Una voce dal passato, Venditore di fiori, Lascito) legati dallo stesso filo comune: uno dei personaggi è una persona che interviene nelle vicende della storia narrata direttamente dall’aldilà.
V+: Quali sono i suoi scrittori o correnti letterarie di riferimento?
PDR: Quando ho cominciato a scrivere, al liceo, ero molto influenzato da Beckett e dai temi dell’assurdo. Atto senza parole e Waiting for Godot per me furono illuminanti. Una volta cresciuto fui ammaliato dal senso della continuità della Storia di Marguerite Yourcenar. Poi mi sono piaciuti molto alcuni autori italiani: Buzzati, Tabucchi, Vassalli, Piero Chiara. Attualmente mi piacciono molto le biografie di personaggi grandi e piccoli: da Pericle a Bobby Fischer, tanto per fare dei nomi. Credo che le vite reali di certi uomini contengano propriamente quel senso di fato e di destino che mi ha affascinato da sempre.
V+: Lei vive in Piemonte, anche se è nativo di Minturno, questo è un tema presente nei suoi scritti. Sia in forma di ambientazione, che di stimolo ad approfondire le storie di alcuni personaggi. Penso al generale Nobile…
Su questo temo di essere un po’ come i salmoni, che risalgono continuamente la corrente per tornare a depositare le uova (i miei libri) e a morire (in senso catartico) sempre nel luogo di origine. Ma anche qui vale la mia natura doppia: Minturno mi ha dato i natali ma Torino, dove vivo ormai da ventisette anni, è la mia seconda madre. Devo tutto a questa città. Se non fossi venuto qui le mie potenzialità sarebbero rimaste inespresse. Vorrei dire anche un’altra cosa: all’inizio descrivevo i luoghi senza nominarli. Descrivevo Scauri, dove propriamente sono nato, come se fosse la Macondo di Gabriel García Márquez e descrivevo le piazze di Torino come se mi trovassi nei quadri surreali di Giorgio De Chirico, ma dopo anni di scrittura non lo trovai giusto. I luoghi meritano di essere nominati e individuati. Sono la realtà, sono ciò che ci permette di stare al mondo e vanno riconosciuti.
V+: E a proposito di luoghi fisici reali e riconoscibili, “Caccia all’orsa”, la sua ultima pubblicazione è ambientata tra Trivio e Scauri…
PDR: Si tratta appunto del tributo che ho voluto fare alla mia cara amica Roberta Franz, fotografa, pittrice e poetessa: una donna straordinaria, in ogni accezione del termine. Nelle nostre zone è amata e conosciuta da tutti.
Ho collaborato con lei a varie opere tra il 2012 al 2015, una delle esperienze umane e artistiche più intense che abbia vissuto in assoluto nella mia vita. Ricordo con malinconia e vividezza ancora i nostri incontri sulla terrazza della villa di Formia, dove discutevamo davanti al mare delle evoluzioni della storia di Cleva. Caccia all’Orsa parla purtroppo di follia, ma anche di spirito di libertà, una libertà selvaggia e allo stato puro, creatrice e disarmante allo stesso tempo, proprio come era ed è Roberta.
V+: Cosa ci trova nel territorio del basso Lazio? È solo perché è parte della sua vita che è importante, o trova che sia davvero bello, o particolare in generale?
PDR: Il territorio del basso Lazio, ma specialmente la cosiddetta Riviera di Ulisse, è un territorio carico di Storia, di millenni, di epopee – basti pensare a Enea – e trasuda tesori da ogni poro.
All’inizio, quando ero ragazzo, non me ne rendevo conto, ma il Sud Pontino è una terra vasta come l’oceano. Lì dentro ci sono state narrazioni che hanno valore universale. Io ho avuto il privilegio di nascervi. Credo che non avrei desiderato altro luogo al mondo per venire alla luce. Ho risposto?
V+: Direi proprio di sì! Ma ora approfondiamo questo luogo da un punto di vista sociale: cosa ne pensa? Ci sono degli aspetti che possono essere migliorati?
PDR: Mi fa male il cuore nel vedere l’incuria che attanaglia questi luoghi. Trovo che siano trattati con superficialità e grettezza d’animo, cose che non gli sono congeniali. Sono luoghi lasciati allo stato brado, senza una vera e propria valorizzazione. E non parlo solo di valorizzazione economica e turistica, ovviamente. Non se ne vuole dissotterrare e custodire la memoria. Non si vuole che la sua Storia ci insegni ancora qualcosa. Ma la cosa più grave è che la società è molto individualista. Ogni tentativo di edificare una casa comune stabile e sicura nel tempo sembra sempre destinata a fallire. Lo dico con dolore.
V+: E sul piano culturale?
PDR: Per fare progressi sul piano culturale è essenziale ritrovare e studiare i grandi creatori e ideatori del passato che qui sono nati, hanno vissuto e hanno operato. Bisogna ritrovarli e riconquistarli. Cosa che purtroppo stenta ad avvenire. Penso, per parlare solo di Minturno, a Cristoforo Sparagna, per esempio, o a Tambolleo. Penso al Sebastiani e a mille altri. Tutti finiti nel dimenticatoio. Così non si va da nessuna parte. Raramente si assiste a dei tentativi di riesumazione da parte di qualche anima pia, come è avvenuto di recente per Marco Gaio Apicio, ma avviene sempre tutto senza una visione generale di rivalutazione del nostro passato prossimo e di quello remoto. Senza conoscere la vita e gli intenti dei nostri padri e delle nostre madri – penso al tempio della dea Marica, letteralmente abbandonata a sé stessa – saremo sempre delle anime sba(n)date.
V+: Attraverso la scrittura si potrebbe dare una mano a migliorare questi aspetti?
PDR; La scrittura in generale sta vivendo un’epoca di profonda crisi. Se è vero che la narrazione è funzionale alla crescita dell’Umanità perché offre soluzioni a problemi insolubili, al contrario la scrittura è ritenuta oggi quasi superflua. Paradossalmente ci sono quasi più sedicenti (e oserei dire seducenti) scrittori che lettori, in un corto circuito molto equivoco dove non si capisce più che ruolo abbia il vero scrittore e quale sia la fonte da cui attinge le proprie storie.
V+: La scrittura è cambiata, però…
PDR: È vero anche che gli strumenti stessi della scrittura e della sua diffusione stanno cambiando per la prima volta da millenni a questa parte. È una scrittura più veloce ma che perde significati. Non rimanda ad altro ma guarda il proprio ombelico. Serve per dire ad un amico dove si va a mangiare una pizza ma non comunica più storie. Tutto questo si riflette in una perdita di esperienza, reale o immaginata, che stiamo pagando cara.
Il giorno che decideremo di dare più tempo alla scrittura, la vita e il coraggio di affrontare la nostra (in)finitezza tornerà a rifluire nelle nostre vene. Non prima.
V+: Chissà se queste sue parole scalfiranno la coscienza di qualcuno, e magari, chissà, qualcuno si metterà anche a leggere e scrivere di più! Che consiglio darebbe ad una persona che volesse avvicinarsi alla scrittura nel nostro territorio?
PDR: Avvicinarsi con curiosità, rispetto e umiltà a chi ci ha preceduto. Che siano le Catilinarie di Cicerone o Le trombe di Cassieri. Non importa. Io ovviamente li ho letti entrambi e sono rimasto senza fiato.
V+: E nei suoi programmi futuri? C’è un’altra storia in cantiere? Ancora con ambientazioni nostrane?
PDR: Certo! Uno scrittore di confine guarda sempre un po’ oltre. Ho già finito la prima parte di un nuovo libro, di cui non posso rivelare il titolo. Parla di Leopardi, dei papiri della villa di Ercolano, di Epicuro. Mi sto addentrando in territori che non conoscevo. Ma è questo che deve fare un vero scrittore. Esplorare, vivere, e poi raccontare ciò che ha visto.
V+: In bocca al lupo, allora, Pino!