Meritocrazia Italia, scuole forensi e formazione professionale: verso il reale obiettivo

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L’obbligo formativo per il praticante avvocato è previsto dall’art. 43, l. n. 247 del 2012, ai sensi del quale «il tirocinio oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale consiste nella frequenza obbligatoria e con profitto per un periodo non inferiore a 18 mesi di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge».

Al secondo comma si legge che il Ministro della Giustizia, sentito il CNF, disciplina, con regolamento, le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi, i contenuti formativi e la durata minima, nonché le modalità e le condizioni per la frequenza degli stessi.

In attuazione, il d.m. n. 17 del 2018 ha specificato che i corsi di formazione possono essere organizzati dai Consigli dell’Ordine e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché da altri soggetti previsti dalla legge, incluse le Scuole di specializzazione per le professioni legali.

Nel caso di organizzazione dei corsi da parte degli altri soggetti previsti dalla legge e dalle associazioni forensi, questi devono essere accreditati dai Consigli dell’Ordine, sentito il Consiglio Nazionale Forense, o dallo stesso Consiglio qualora abbiano rilevanza nazionale. I Consigli dell’Ordine provvedono, di regola, all’organizzazione dei corsi di formazione attraverso le scuole forensi di cui all’articolo 29, comma 1, lett. c, della legge professionale.

Il decreto ministeriale ha ulteriormente precisato che i corsi di formazione devono avere un contenuto sia teorico che pratico, in modo da sostenere e integrare la preparazione del tirocinante necessaria allo svolgimento dell’attività professionale, e devono altresì assicurare la consapevolezza dei principi deontologici ai quali la professione deve essere improntata.

Il corso ha una durata minima non inferiore a 160 ore distribuita in maniera omogenea nell’arco di 18 mesi, organizzati secondo moduli semestrali.

I soggetti preposti all’organizzazione dei corsi possono prevedere la corresponsione di una quota d’iscrizione destinata alla copertura delle spese di organizzazione e degli eventuali compensi ai docenti, nonché borse di studio in favore dei tirocinanti più meritevoli tenendo conto anche dei requisiti di reddito.

Al termine dei primi due semestri e alla conclusione del corso sono previste delle verifiche.
L’accesso alla verifica finale è consentito a coloro che abbiano frequentato almeno l’80% delle lezioni di ciascun semestre e abbiano superato le verifiche intermedie. Il mancato superamento della verifica finale impedisce il rilascio del certificato di compiuto tirocinio e richiede la ripetizione dell’ultimo ciclo semestrale di formazione e della relativa verifica.

L’entrata in vigore del regolamento, già differita al 31 marzo 2020 a opera del d.m. n. 133 del 2018, è stata posticipata di altri due anni con il d.m. n. 80 del 2020, in considerazione dell’emergenza pandemica e della necessità di coordinarla con la formulazione di una legge che riformasse in toto l’esame di accesso alla professione forense, con la conseguenza che, a oggi, i corsi sono obbligatori per tutti i tirocinanti iscritti nel registro praticanti a far data dal primo aprile 2022.

Il principale obiettivo dovrebbe essere la migliore preparazione dei candidati per affrontare l’esame di abilitazione professionale, fatta di vera formazione e non di sola informazione. Per questo, è essenziale anzitutto garantire adeguata preparazione anche da parte dei docenti.

Utile agire in prospettiva già a partire dagli studi universitari, che prevedano sia maggiori contatti e interazione con i soggetti giuridici (giudici, avvocati, cancellieri,…) e con la concretezza degli atti (contratti, sentenze, atti amministrativi,…), con maggior esercizio anche nella scrittura.

Da oltre dieci anni, nel desiderio di adeguarsi alle trasformazioni di un mondo professionale in rapido mutamento, l’avvocatura si è assunta il compito di gestire in prima persona la didattica forense o almeno parte di essa, non sempre nella giusta direzione e con approccio di insegnamento.

Quel che manca è per certo il miglior coordinamento e un programma generale. Tra le varie Scuole non vi sono contatti o scambi di esperienze, non c’è una pianificazione del lavoro futuro né una valorizzazione dell’attività già svolta.

Di fronte a uno scenario in continua evoluzione, che colloca il luogo della formazione dell’Avvocato non più nella dimensione privata del suo studio, ma in una dimensione pubblica rappresentata dalla moderna scuola forense, diventa indispensabile valorizzarne il ruolo, attraverso i necessari adeguamenti di carattere culturale, metodologico e organizzativo.

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