Segregazione lavorativa di genere: non bastano incentivi per la Rivoluzione culturale

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Dalla cronaca degli ultimi giorni la notizia positiva relativa alla crescita dell’occupazione femminile. Al contempo, però, recenti ricerche evidenziano quanto sia ancora elevato il gender gap nel mondo del lavoro.
Le donne italiane rappresentano il 60% del totale dei laureati ma, a cinque anni dal conseguimento del titolo di studio, gli uomini percepiscono, in media, circa il 20% in più. Solo il 17% delle posizioni dirigenziali è a presenza femminile.

Per vero, a oggi nessuno Stato dell’Unione europea ha raggiunto l’obiettivo della parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, ma l’Italia si posiziona al 63° posto secondo la classifica Global Gender Gap Report 2021 rispetto al 2020 (in risalita di 13 posizioni).

Qualcosa si muove, anche grazie alla sollecitazione che viene dagli obiettivi del PNRR. Utili misure sono state introdotte con la legge di Bilancio 2022 e con la l. n. 162 del 2021. I timidi segnali di ripresa sono dovuti agli strumenti che le aziende hanno avuto a disposizione per incentivare a ridurre il divario tra i sessi.

Il problema, però, va ricercato altrove, perché nessuna misura di supporto sarà mai realmente utile se a monte non cresce la consapevolezza del valore delle donne nel mondo del lavoro. Nessun incentivo basterà da solo a creare quel percorso che in forma strutturale, non occasionale, porti ad una reale parità di genere nel mondo del lavoro.

Il problema dell’inclusione lavorativa femminile ha natura culturale. Il divario di genere non è solo segregazione lavorativa; parte dalla segregazione scolastica e trova radici in un sistema di formazione (talora anche familiare) che non prepara adeguatamente all’inclusione.

È necessario insistere fattivamente sul concetto di diversità come ricchezza non come limite.

Meritocrazia Italia ribadisce il suo impegno nel diffondere una cultura inclusiva e dunque, per poter facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, propone che:
– nelle aziende si ponga al centro la sensibilizzazione sugli stereotipi di genere, sia attraverso la revisione di processi quali selezione del personale, percorsi di carriera e sistema di performance, sia attraverso programmi che promuovano lo sviluppo e l’affermazione del talento femminile, quali percorsi di formazione o di caoching;
– venga incoraggiata la partecipazione delle giovani donne ai percorsi formativi di tipo tecnico e imprenditoriale;
– siano riorganizzate le attività lavorative calibrando la retribuzione non sui tempi di impegno ma su obiettivi e progetti;
– si colgano le opportunità offerte dalla digitalizzazione, favorendo in particolare lo smart working su intesa;
– venga promossa un’educazione al rispetto di genere ed alla cura della famiglia e dei figli come valore ed accrescimento della persona;
– si diano risposte concrete alla necessità di assistenza per minori ed anziani, con servizi all’infanzia e centri di assistenza per anziani e disabili, funzionanti, distribuiti con capillarità sui territori ed a basso costo.

Stop war.

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Fonte: Segregazione lavorativa di genere: non bastano incentivi per la Rivoluzione culturale

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