L’1-1 con cui si è concluso il derby fra Vicenza e Chievo può essere letto in due modi. Con soddisfazione perché, comunque, non si è perso contro un avversario di rango e di caratura tecnica superiore e, anzi, si arricchita la classifica con un punto che significa continuità di risultati positivi. Con un po’ di disagio invece a fronte della perdurante inadeguatezza al campionato degli attaccanti a disposizione di Di Carlo, che è uno dei motivi per cui la posizione dei biancorossi non è quella nelle aspettative.
I motivi di soddisfazione sono certamente più numerosi e cospicui, almeno nell’occasione. Partiamo dalle premesse della gara, che non erano state proprio favorevoli al Vicenza, che si era trovato all’ultimo momento a dover fare i conti con l’improvvisa indisponibilità proprio dei due giocatori che avevano firmato la svolta di Brescia e la parziale replica contro il Frosinone al Menti.
È stato un brutto colpo, infatti, privare il nuovo modulo contemporaneamente sia di Giacomelli (e cioè dell’uomo che rappresentava la componente sorpresa nel gioco biancorosso) sia della mezzala Da Riva, che si era dimostrato il centrocampista più portato ed efficace nel proporsi come finalizzatore.
Due giocatori che, per di più, non hanno alter ego in rosa come si è ben visto in campo: il capitano non è stato proprio sostituito e l’allenatore ha dovuto addirittura cambiare modulo passando dal 4-3-1-2 al 4-3-3, mentre Zonta, generoso tuttofare ma con doti tecniche diverse rispetto alla giovane mezzala in prestito dall’Atalanta, non è riuscito a rendersi altrettanto pericoloso.
Di Carlo si è dovuto quindi inventare una soluzione tattica alternativa senza nemmeno avere la possibilità di provarla, visto che gli infortuni dei due titolari si sono verificati nell’ultima rifinitura. L’esperimento è riuscito solo a metà: senz’altro la difesa ha retto senza grosse difficoltà come del resto succede da quando è protetta da tre centrocampisti e la mediana non ha fatto certo brutta figura di fronte al corrispondente reparto avversario, che conta su giocatori di buon livello.
Non ha funzionato invece il trio d’attacco composto all’inizio da Meggiorini, Gori e Jallow. Pur dato atto della dedizione degli attaccanti e del loro indiscutibile impegno, non si può nascondere che ci si poteva aspettare di più da loro. L’impressione è sempre la stessa, che cioè, anche cambiando gli interpreti, la sostanza resta poca. Pochi i tiri, poca la fantasia, poca anche l’intesa. L’attacco del Vicenza non fa paura.
Di Carlo, consapevole del deficit offensivo, ha finora rimediato quasi sempre con i gol di difensori e centrocampisti. Contro il Chievo il merito del gol vicentino è tutto del terzino Beruatto e del suo prepotente inserimento nella fase offensiva. La deviazione di Gori, decisiva nello spiazzare Semper, è stata assolutamente casuale. Anzi ci si chiede perché il numero 9 non si sia spostato dalla linea di tiro del compagno. È andata bene, perché avrebbe invece potuto rimpallarlo o indirizzarne fuori la traiettoria.
Jallow ha confermato la sua già apprezzata mobilità ma, nel contempo, anche poca concretezza. L’attaccante ghanese sembra più portato alla costruzione del gioco che alla sua finalizzazione. Un po’ come Meggiorini, che ultimamente ha perso la vena che lo ha fatto diventare il miglior marcatore della squadra. Nel suo caso conta anche l’età: forse avrebbe bisogno di meno minuti e magari anche di qualche pausa per rifiatare.
Di Marotta, entrato nella ripresa, ormai si conoscono le caratteristiche. Non è un bomber, è chiaro ormai, e si fa apprezzare soprattutto per la sua vivacità, per la attitudine a intercettare le ripartenze degli avversari. Ma quando arriva al tiro, ha finora sempre evidenziato grossi limiti.
Un motivo di preoccupazione emerso nel match contro il Chievo è stato il ricomparire del calo dei biancorossi nel secondo tempo. Non è affatto una novità, si è già visto in molte partite e non ne è stata data alcuna giustificazione dal settore tecnico biancorosso. Fatto sta che un rimedio non è stato ancora trovato.
Si pensava che, con il centrocampo a tre, la conseguente diminuzione del chilometraggio a carico delle gambe di “nonno” Rigoni e la contestuale diversa utilizzazione delle mezzali, la squadra sarebbe stata in grado di reggere 90 minuti. Così è stato, a dire il vero, a Brescia e in parte con il Frosinone. Non con il Chievo, che ha sciorinato un secondo tempo di alto profilo anche perché il Vicenza è calato ed arretrato. Tant’è che Di Carlo ha dovuto cambiare in corsa il modulo portando la difesa a cinque.
C’è un’ultima annotazione da fare. Com’è possibile che la squadra sia perennemente penalizzata da infortuni? Non si parla, ovviamente, di quelli che capitano in partita bensì dei malanni extra campo (al netto dei contagi, è chiaro). È davvero una persecuzione e il povero Di Carlo sta facendo da mesi i salti mortali per far fronte. Anche su questo punto spiegazioni dalla società non ne arrivano. Il patron Renzo Rosso ha parlato di sfortuna. Una componente che ha il suo peso, certo, ma non si può ridurre tutto a questo.