La separazione delle carriere dei magistrati al centro del dibattito politico lo è, curiosamente, anche di quello familiare. Da un lato Franco Coppi, giurista ed avvocato celebre per aver difeso anche figure di spicco come Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi, dall’altro Pierantonio Zanettin, avvocato anche lui, senatore vicentino di Forza Italia, genero del noto penalista e tra i sostenitori della proposta di legge che punta a dividere nettamente le carriere di giudici e pubblici ministeri. Una divergenza di opinioni che, come spesso accade in famiglia, aggiunge un pizzico di ironia agli spunti di riflessione.
Nel video di circa un anno fa pubblicato qui in copertina e ripreso dal canale YouTube de Il Fatto Quotidiano, Franco Coppi, nato a Tripoli nel 1938 ma romano di adozione e di fatto, esprime chiaramente il suo scetticismo sulla separazione delle carriere, che “boccia” con il suo consueto tono pacato ma tagliente.
Secondo il famoso penalista, la proposta non risolve i veri problemi della giustizia italiana, che riguardano più l’efficienza del sistema che non la sua struttura. “Non ho mai perso un processo perché il giudice era stato anche pubblico ministero. Non è che separando le carriere si risolvono i processi lenti o le lungaggini burocratiche,” osserva Coppi, suggerendo che questa battaglia politica, definita di matrice berlusconiana anche se Coppi più volte ha difeso con alterne fortune proprio Berlusconi, sembri più ideologica che pragmatica.
Dall’altra parte dell’ideale ring “casalingo” troviamo oggi e da tempo Pierantonio Zanettin: l’ex membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura, che aspira a diventare membro della Consulta, è non solo un veterano del dibattito politico ma anche genero del famoso avvocato di cui è meno noto nelle aule di tribunale.
Zanettin, infatti, è uno dei sostenitori più accesi della legge che punta a dividere nettamente il ruolo del giudice da quello del pubblico ministero, sostenendo che questa riforma garantirebbe maggiore equità e neutralità. Un argomento che, almeno sulla carta, sembra convincere molti nel centrodestra, ma che non trova altrettanta accoglienza nell’universo giuridico.
La situazione è di per sé paradossale: il suocero che, da principe del foro, bolla la separazione delle carriere come “un falso problema” e il genero che invece la presenta come una necessità storica. La domanda sorge spontanea: cosa succede ai pranzi di famiglia? Immaginare un confronto tra i due – magari durante il cenone di Natale – fa sorridere, soprattutto considerando la capacità di Coppi di ridimensionare ogni questione con il suo aplomb accademico e la decisione con cui Zanettin difende la sua linea politica… per lo meno fuori dalle mura domestiche e da quelle del suo ufficio, che è proprio nello studio del suocero.
L’aspetto più interessante di questo confronto, però, è che entrambi gli schieramenti finiscono per rivelare limiti e punti di forza. Franco Coppi, con il suo pragmatismo “tecnico”, ci ricorda che i problemi della giustizia italiana non si risolvono con interventi di facciata, mentre Pierantonio Zanettin solleva una questione che in molti della sua area politica considerano una precondizione per una magistratura imparziale. Il rischio, come sempre, è che la verità stia nel mezzo e che, invece di trovare soluzioni condivise, ci si areni in un dibattito polarizzato.
Sotto la lente critica, però, è difficile non notare come la proposta di legge sulla separazione delle carriere sembri in parte un cavallo di battaglia ideologico per una parte politica, più che un rimedio studiato a fondo. Il sistema giudiziario italiano soffre di problemi ben più concreti: tribunali sotto organico, processi che durano decenni e un’eterna lotta tra potere legislativo e giudiziario. Separare le carriere può aiutare? Forse sì, ma non sarà la panacea che molti promettono. E tanto più che non è una questione vitale per la massa degli italiani in difficoltà non tanto nelle aule di tribunale ma fra i banchi della spesa.
Per ora, però, ci accontentiamo di guardare questo curioso duello con un pizzico di divertita incredulità, ma, in attesa che un giorno trovino la quadra almeno l’illustre penalista romano e il suo rispettoso genero vicentino, da oggi apriamo le scommesse: vincerà il “nostro” Zanettin o il “Campionissimo” Coppi?
A meno che alla fine del “giro politico”, una vera Grande Boucle con due letture in Parlamento e poi il referendum costituzionale) a perdere non sia, come spesso succede, l’Italia.