Sergio Sylvestre si emoziona sull’inno di Mameli e viene insultato da chi voleva usare il Tricolore come carta igienica. Ma il problema non è il razzismo

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Torna il calcio e lo fa nel momento peggiore. Se da tempo infatti il fenomeno dei “leoni da tastiera” pervade il mondo del web con insulti gratuiti e strampalate minacce per qualsiasi motivo – e spesso l’orientamento politico e l’utilizzo di fake news è benzina sul fuoco di un già pericoloso mix di ignoranza, rabbia repressa e incapacità di distinguere il virtuale dal reale, chiedere per esempio all’onorevole Boldrini – negli ultimi tempi, complice anche l’emergenza sanitaria ed economica del Coronavirus, che doveva renderci tutti persone migliori e invece ci ha reso tutti più incattiviti, gli stessi esponenti politici, anche se ricoprono incarichi istituzionali, non hanno filtri e fanno passare per osmosi l’hate speech nella loro narrazione politica, ormai solo propagandistica.

Così è successo a Massimo Giorgetti, vicepresidente del Consiglio regionale, che in assenza di prove concrete su una vicenda sicuramente complessa, ha insultato Silvia Romano. Giusto due giorni fa, la collega di partito Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione e al Lavoro, ha attaccato l’ideatore di un video promozionale della Diesel di Renzo Rosso. Volendo fare l’avvocato del Diavolo si potrebbe dire che gli isterismi animano tutte le parti politiche e non solo in Italia. Negli Stati Uniti hanno decapitato le statue di Cristoforo Colombo e censurato “Via col vento”, in Italia hanno imbrattato diverse volte la statua di Indro Montanelli chiedendone la rimozione. Sotto a questi gesti eclatanti però ci sono questioni ben più grosse di una ragazza convertitasi all’islam dopo un anno e mezzo di prigionia e di una pubblicità che tiene conto della realtà delle persone transgender: c’è il colonialismo, lo schiavismo, il razzismo, la morte di un uomo per mano della polizia, bambine di 12 anni comprate come merce al mercato.

Ora, un nuovo episodio, la finale di Coppa Italia tra Napoli e Juventus disputatasi ieri sera all’Olimpico. Che dietro queste grandi manifestazioni ci siano gli sponsor è la scoperta dell’acqua calda, così come che l’inno di Mameli venga fatto cantare ad artisti. E già qua andrebbe detto per onestà intellettuale che è normale che l’artista si concentri sulla propria voce mettendo in secondo piano il testo. Allora facciamolo cantare sempre e solo ad alpini e bersaglieri e morta lì. E altrettanto onestamente chiediamoci: chi nel 2020 si riconosce in quelle parole e le sente sue? La Supercoppa italiana 2019 è stata anch’essa sponsorizzata dalla Coca-Cola e disputata in Arabia Saudita, paese islamico con forti restrizioni per le donne. Quest’anno è stato scelto il vincitore della trasmissione Mediaset “Amici”, Sergio Sylvestre, nato a Los Angeles da madre messicana e padre haitiano, che nel 2012 ha deciso di trasferirsi in Puglia e da questa regione è stato adottato. Sylvestre prima dell’esibizione twittava tutta la sua emozione e gratitudine per l’inno e per l’Italia.

Ma poi ha avuto un momento di black-out, ha attaccato la strofa sbagliata e si è fermato per alcuni secondi, prima di riprendere a cantare. Apriti cielo. Provate a pensare: molti (io per primo) non lo conoscevano, lo vedono: è di colore, si incarta sull’inno. Poteva passare inosservato? Nel pomeriggio di ieri il popolo di Twitter litigava sulle sopracciglia di Miriam Leone, tanto per dare l’idea di come qualsiasi quisquiglia possa “indignare il popolo del web”. Ecco alcuni tweet, scelti tra i meno offensivi e lesivi della dignità della persona, ma che vedono nella scelta di Sylvestre un disegno politico.

Come si può pensare che il pugno chiuso sia un riferimento al comunismo? La manifestazione è sponsorizzata da anni dalla multinazionale americana Coca-Cola, e Sylvestre è americano. In America è morta una persona di colore, in custodia alla polizia, e da lì sono scaturite proteste contro il razzismo. Quello era il messaggio.

Ovviamente non poteva mancare la reazione politica, prima di Angelo Ciocca, della Lega, e poi dell’ex ministro dell’Interno, segretario nazionale della Lega, ora senatore, Matteo Salvini. Anche noi qui in paese, come direbbe De André abbiamo avuto la nostra polemica senza pretese. L’assessore di Vicenza Giovine, quello che esulta per aver tolto la clausola antifascista, ha scritto il seguente post:

 

 

Salvini ha colto la palla al balzo. Del resto già nel 2019 con l’Italia in recessione il suo problema era il televoto di Sanremo e la vittoria di Mahmood, un ragazzo milanese ma di origini egiziane. Di recente Salvini è stato attaccato dalla sinistra per aver mangiato ciliegie, ora attacca a sua volta la sinistra perché ha fatto cantare l’inno a uno che l’ha sbagliato, facendo fare butta figura alla nazione. Tralasciando che Salvini era in un contesto istituzionale vicino a un collega di partito e governatore che stava parlando di neonati morti in ospedale e, se vedete il video, lo stesso Zaia fatica a nascondere l’imbarazzo.

Un politico che vanta un numero impressionante di assenze nelle sedi istituzionali per cui è pagato per stare, Senato e Parlamento europeo, che è stato accusato di aver preso soldi dai Russi, che indossa magliette made in France mentre parla di Made in Italy, che attacca la Nutella per le nocciole turche, senza tener conto che la Ferrero, una delle poche multinazionali italiane rimaste, sta cercando di aumentare la produzione di nocciole italiane dal 14% al 30%, contro il 70% della Turchia, ma che dovendo arrivare al 20% per garantire la produzione deve per forza attingere da altri Paesi. Ma che soprattutto è erede di Bossi, che al Tricolore non ha mai dedicato parole d’amore. E lui stesso ha lanciato e rilanciato lo slogan “Padania is not Italy”, per poi farsi vedere al Papeete in costume a cantare un inno di Mameli remixato in versione disco e ballato da succinte cubiste. Ma ora, in un contesto in cui la Lega voleva il “Va pensiero” come inno, in cui molti calciatori non lo cantano o lo sbagliano, in cui l’odiatissimo (dalla Lega) Napolitano ha insistito per farglielo cantare e festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia mentre la Lega diceva che non c’era nulla da festeggiare, in cui l’Italia continua ad ospitare basi americane e ad essere succube della politica espansionistica USA, un cantante americano che canta l’inno d’Italia ad una manifestazione sponsorizzata da una multinazionale americana e s’inceppa un secondo per l’emozione, tradisce e offende la Patria. Così è, se vi pare.

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