Non si può certo tacciare di prevedibilità questo campionato di Serie B. Certezze non ce ne sono in alcun settore della classifica, ogni giornata riserva sorprese e le tre volate (salvezza, playoff e promozione) che sono state lanciate nel finale di stagione non hanno ancora gli sprinter in prima fila.
Questa conclusione non gratifica il lavoro delle società: se nulla è definito quando mancano sette giornate all’epilogo, vuol dire che i conti non tornano, che investimenti e pianificazioni non sono risultati efficaci, che la regola aurea dello sport secondo cui alla fine il più forte vince, stavolta è stata derogata.
In realtà quello 2020-2021 non è un gran campionato di Serie B. L’incertezza e la discontinuità che quasi tutte le squadre hanno evidenziato anche oltre i consueti su e giù fisiologici alla categoria, indicano che c’è un equilibrio verso il basso nel girone.
Bisogna, ad esempio, chiedersi come sia possibile che club che hanno speso milioni e milioni per strutturarsi e rinforzarsi non riescano nemmeno ad accedere alle top five e nemmeno ad essere competitive contro avversarie assai meno dotate. È lecito anche domandarsi se sia normale che fra il primo e l’ottavo posto ci siano ben quindici punti di distacco, fra la zona playoff e quella playout solo dieci e che l’Entella, forse l’unica vera candidata alla retrocessione diretta, riesca a pareggiare con il (presunto) super Monza.
Se poi si allarga la visuale alla qualità, c’è da dire che se n’è vista ben poca in giro. Nel gioco, nei singoli, nelle panchine. Un dato: la capolista Empoli è la seconda del girone (alla pari del Vicenza) come numero di pareggi, ben quattordici, e le vittorie sono solo una in più. E si parla della squadra che tutti riconoscono come la migliore del campionato. Certo, una sola sconfitta per la squadra allenata da Dionisi significa continuità ma anche utilitarismo, consapevolezza dei propri limiti, gestione oculata delle partite e del calendario. Non, però, dominio e nemmeno superiorità manifesta.
Questo equilibrio si riflette anche nel livello del gioco, che non è quasi mai spettacolare. È questo, si sa, un limite della B, ma raramente ci si diverte quest’anno. Le squadre giocano più o meno tutte allo stesso modo, con molta tattica e poca inventiva, e forse gli allenatori questo al massimo riescono a fare con le rose che hanno a disposizione. Il divario qualitativo con la Serie A è ormai vistoso: non per niente le promosse dalla Cadetteria sono costrette a rinnovare radicalmente gli organici per reggere il salto di categoria.
Infine, anche sotto il profilo individuale, si è visto poco di interessante. Sì, qualche attaccante (Coda, Mancuso, Forte), qualche centrocampista (Aramu, Frattesi), qualche difensore (Cappelletti, Carlos Augusto) si sono fatti notare, ma ci sono anche tante delusioni. Il Monza ne ha il record: Balotelli, Boateng non hanno certo fatto la differenza e perfino Diaw, una punta degna della A, da quando è passato in Brianza non ha più segnato un gol.
La partita fra Vicenza e Cittadella è stata lo specchio della mediocrità del campionato. Il Lane ha ottenuto i tre punti con il minimo sforzo: lo prova il 39% di possesso palla, il che vuol dire che i biancorossi hanno gestito poco più di un terzo della partita. Ciò non ostante hanno sommato il doppio dei tiri in porta degli avversari (sei contro tre) e hanno concesso loro appena una dozzina di conclusioni. È proprio poca roba la risultanza del bilancio statistico. Bravo dunque il Lane a impostare lo scontro a proprio vantaggio, capitalizzando l’unico gol messo a segno e contenendo senza grossi rischi per il prosieguo le sterili iniziative dei giocatori di Venturato.
Grande delusione, poi, il Cittadella. Tutt’altra squadra rispetto all’andata, in cui peraltro il Lane era in piena crisi contagi. Azzerata la qualità, errori su errori in tutti i reparti, prevedibile e lento. La sosta non è proprio servita per riprendersi ai padovani, che, continuando così, rischiano davvero di uscire dalle otto migliori. Del resto, non si può certo pretendere che il ds Marchetti faccia miracoli ogni anno con il budget più basso della Serie B. A Vicenza il Citta ha dato l’impressione più di squadra da classifica medio bassa che da playoff.
Contro un avversario così dimesso ci si aspettava qualcosa di più dal Vicenza, in cui ha fatto un figurone la difesa (Grandi, però, ha alternato un paio di parate salva risultato ad un paio di svarioni mica male), il centrocampo il suo dovere e invece l’attacco è andato così così.
È il caso di sottolineare che, nelle ultime quattro partite, i biancorossi hanno segnato appena tre gol, uno solo dei quali firmato da un attaccante (Meggiorini con il Pescara). Questo trend coincide, sembra un paradosso, con il periodo di resa maggiore della squadra, che sta conquistando meritatamente la salvezza anticipata e ormai non nasconde di guardare più in alto.
Evidentemente per la squadra di Di Carlo è stato sufficiente trovare continuità e concretezza, anche a dispetto della qualità del gioco, per issarsi così in classifica. I pochi sprazzi spettacolari che i biancorossi ultimamente hanno regalato al proprio pubblico (virtuale) sono stati i gol di Meggiorini, certe giocate di Giacomelli, le ripartenze che sono il loro marchio di fabbrica. I pochi gol messi a segno hanno pesato in modo determinante in termini di punteggio ed evitare di ripetere certi errori (turn over accanito, sostituzioni non sempre indovinate, amnesie difensive) è stato sufficiente per dimenticare alcune sconfitte che avevano destato più di qualche perplessità.