Servizio Civile obbligatorio per arginare il deficit educativo di gran parte dei nostri giovani: la proposta di Alberto Leoni

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E se per arginare il deficit educativo in cui vive una parte dei nostri giovani ripristinassimo il Servizio Civile, non più su base volontaria come oggi ma su base obbligatoria? Senza enfatizzarla, la proposta è un tentativo per coinvolgere ragazzi dai 18 ai 28 anni, 400 mila per anno (contro i 35 e 39 mila degli anni 2015 e 2016, nei 41 mila enti accreditati) in attività di pubblica utilità nazionale. Ma soprattutto può favorire il senso di far parte di una comunità, di assimilare il concetto in disuso del dovere e dell’impegno personale.

Servirebbero, come dirò più avanti, alcuni ritocchi alla buona normativa introdotta nel decreto di un anno fa e una riallocazione delle risorse economiche già oggi stanziate per i giovani e quindi senza oneri ulteriori per il bilancio pubblico. Rinfreschiamoci, però, la memoria.
L’approvazione del decreto sul nuovo servizio civile arriva 45 anni dopo che l’obiezione di coscienza all’uso delle armi entrava per la prima volta nella legislazione italiana: era il 1972 e la legge 772 una grande conquista.
Il Vietnam, il ’68, le suggestioni di Bob Dylan e Joan Baez, “Imagine” di John Lennon, la forte spinta dei cattolici di base, lo slogan “l’obbedienza non è piu’ una virtu'”, ne costituivano l’humus culturale. Erano ancora pochi e molto motivati i giovani che sceglievano la strada al servizio civile obbligatorio: durava 8 mesi in più, fino al 1989. E solo con il 1998 la gestione passa dal Ministero della Difesa alla Presidenza del Consiglio, riconoscendo il servizio civile quale diritto del cittadino: sarà la legge 64 del 2001 a far nascere il Servizio Civile nazionale, su base volontaria, destinato ai giovani tra i 18 ed i 28 anni, poi aperto anche alle donne.
Trasferite le competenze gestionali alle regioni che devono accreditare gli Enti abilitati al Servizio Civile e curare l’iscrizione all’albo (il Veneto lo fara’ con una propria legge, la 18 nel 2005), fissato un fondo per alimentare i progetti di Servizio Civile, che avrà il suo punto di caduta nel 2012 con soli 70 milioni stanziati, per attestarsi su 169 milioni nel 2010, 174 milioni nel 2011 fino ai 111 milioni nel 2016.
Il decreto del marzo 2017, previsto dalla legge 106/2016 sul Terzo Settore, introduce alcune importanti novità. E’ un Servizio che cambia pelle: meno ideologico, piu’ pragmatico, piu’ orientato su una specifica utilità sociale, ma anche sulla propria crescita professionale e culturale.
Il Servizio Civile di oggi comprende nuovi settori di intervento, non solo legati ai bisogni delle fasce deboli, ma anche all’impegno nel patrimonio storico e culturale, nell’educazione e nella promozione culturale e nello sport, nell’agricoltura sociale, nella promozione della pace e dei diritti umani, nella cooperazione allo sviluppo e nella cultura italiana all’estero. Questo percorso, da 8 a 12 mesi, per 30 ore settimanali (compenso odierno 443 euro mensili ma poi rapportati ad ogni singola legge di bilancio) trova una valorizzazione concreta, permettendo crediti formativi universitari, diventando titolo valutabile nei pubblici concorsi e nel curriculum per l’inserimento lavorativo.
Le risorse stanziate, legate alla legge di stabilità, determineranno il numero degli operatori volontari tra i 18 ed i 28 anni, cosi’ come l’assegno mensile annuale. Attualmente il fondo ordinario stanziato è pari a 111 milioni di euro. A questo stanziamento vanno poi aggiunte nuove risorse da progettualità di altri dicasteri: dalla Garanzia Giovani che ha finanziato sin qui oltre 3500 volontari alle norme in materia di agricoltura sociale o a specifici fondi Ue. Per arrivare all’obbligatorietà di una platea stimata in 400 mila giovani per anno, serve una riduzione dell’attuale assegno erogato (siamo in regime di obbligatorietà) e lo stanziamento complessivo di 960 milioni di euro, riallocati dall’attuale improvvisato e inefficace “bonus ” cultura per i diciottenni. E serve un coinvolgimento capillare non delle poche volonterose della gran parte delle Istituzioni pubbliche e del Terzo Settore, senza le ingessature amministrative dell’accreditamento attuale. Una “semplificazione” molto forte, dunque, per avere il maggior numero di enti in grado di utilizzare i ragazzi, con una gestione complessiva assegnata alle Regioni.

Alberto Leoni

(intervento pubblicato integralmente)