Sicurezza reale percepita. Intervista a Primo Mastrantoni di Aduc

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Sicurezza reale e percepita
Sicurezza reale e percepita

“Tutto l’ordine dei cieli e tutte le cose che riempiono la terra, tutti quei corpi insomma che formano l’enorme impalcatura dell’universo non hanno alcuna sussistenza senza una mente, e il loro essere consiste nel venir percepiti o conosciuti. E di conseguenza, finché non vengono percepiti attualmente da me, ossia non esistono nella mia mente né in qualunque altro spirito creato, non esistono affatto, o altrimenti sussistono nella mente di qualche Eterno Spirito”.
Così scriveva George Berkeley nel ‘700: la percezione è l’essere. A quanto pare le cose non stanno così. Dati alla mano tra le paure percepite e quelle motivate e dimostrate c’è una differenza sostanziale.

Ne parliamo con Primo Mastrantoni, che sull’argomento ha raccolto informazioni stimolanti. Analizzando gli episodi di violenza che funestano il nostro paese la fotografia che appare è dissimile da quella che l’immaginario collettivo sta producendo. Diverso è il discorso per quanto riguarda la violenza perpetrata dagli stati nazionali, ma questa, forse, è un’altra storia.

D. Primo Mastrantoni, in quanto opinionista, è intervenuto più volte sul tema della violenza vista da diverse angolazioni per arrivare a parlare di “sicurezza reale e sicurezza percepita”. In questa sede ci piacerebbe saperne di più.
R. Partiamo da un dato che riguarda la sicurezza dei cittadini sul tema dell’immigrazione. Gli immigrati sono visti come fonte di insicurezza per aggressioni e violenze. Nel 1991 c’erano 625.000 stranieri in Italia, nel 2019 sono diventati 5 milioni, però gli omicidi, nello stesso periodo, sono diminuiti del 74%. Allora il problema è capire come fanno gli immigrati a essere fonte di insicurezza se aumentano numericamente e nel frattempo gli omicidi diminuiscono. C’è qualcosa che non funziona nella narrazione che viene raccontata. Le cronache che riguardano gli omicidi vengono enfatizzate dai media quando c’è di mezzo una persona immigrata.
Un tempo a far paura erano gli albanesi, poi i polacchi, poi i rumeni, comunque persone provenienti da paesi dell’Est europeo. Oggi fanno paura gli africani, quindi, quando c’è un’immigrazione, aumenta la percezione del pericolo.
Sulla percezione hanno influenza due elementi. Innanzitutto la politica. Alcuni partiti per guadagnare voti, e dare ai cittadini un motivo per votarli, si ergono a difensori della sicurezza; poi ci sono i media, giornali o rotocalchi, che devono vendere e tv che devono fare ascolti. La presenza di spot pubblicitari nelle trasmissioni televisive viene incrementata dagli ascolti. Più audience ha un canale televisivo o radiofonico, più è interessante per la pubblicità. E come si fa ad aumentare l’audience? Si sparano notizie in maniera eclatante, incutendo migliaia di dubbi e altrettanti punti interrogativi. Questo crea una forte apprensione negli ascoltatori. Tutto ciò fa comodo agli editori perché vedono incrementare il loro fatturato, invece, ci sarebbe bisogno di dati, che però non vengono mai forniti in maniera chiara, generando un clima di tensione. Abbiamo detto che gli omicidi dal 1991 al 2019 sono diminuiti del 74% e gli immigrati sono aumentati di dieci volte tanto. Nel 1991 c’erano quasi 1.200 omicidi l’anno. Nel 2019 ce ne sono stati 315, nel 2021 siamo sotto i 300. Dei 315 omicidi del 2019 le vittime erano: 204 uomini e 111 donne. Gli omicidi avvengono prevalentemente nell’ambito della sfera familiare o affettiva.

D. Com’era la situazione in passato?
R. Un secolo fa, intorno al 1920, in Italia c’erano circa 3.800 omicidi l’anno, oggi siamo sotto i 300. Possiamo quindi dire che la violenza complessiva è drasticamente diminuita. Il nostro paese si poneva al vertice per numero di omicidi effettuati in Europa, mentre Francia, Svezia, Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi erano paesi più tranquilli rispetto all’Italia, all’Austria, alla Grecia e al Portogallo. Nel 2018 in Italia sono stati commessi 354 omicidi, in Germania, nella tranquillissima e controllatissima Germania, 632, in Francia 779, nel Regno Unito 754. Proprio l’Istat dichiara che l’Italia è uno dei paesi più sicuri al mondo rispetto al rischio di essere vittima di omicidio.

D. Oltre agli omicidi come ci collochiamo rispetto ad altri tipi di violenza?
R. Passiamo dagli omicidi, che sono la parte estrema dell’attacco alla persona, a un altro tipo di violenza: i furti e le rapine. Anche in questo caso ne verifichiamo una costante diminuzione. In 5 anni, dal 2014 al 2019, le rapine denunciate sono diminuite del 45%, cioè quasi della metà, mentre i furti dichiarati si sono ridotti del 32%. Gli altri paesi europei hanno dati peggiori, eppure, il cittadino si sente insicuro. Perché? Scrive il Censis che  gli italiani hanno paura di tutto, in casa, fuori casa e quando vanno a passeggio. Gli italiani vivono costantemente in uno stato d’ansia; certamente c’è una componente fobica, infatti, il 66% degli italiani si sente insicuro: ha paura di rimanere vittima di un reato. Sfruttando la paura, alcuni partiti  si presentano come tutori dell’incolumità e della sicurezza delle persone. Ma i dati dimostrano esattamente il contrario!

D. Torniamo alla paura generata dai media e dai social, argomento sul quale lei ha dato diversi pareri in più occasioni, e del modo di indurre la sensazione di vulnerabilità nei cittadini.
R. Media e social lanciano messaggi a volte rovinosi, non suffragati da fatti, che sollevano dubbi, e questi generano la sensazione di vulnerabilità. Le persone si sentono più vulnerabili perché si spaventano. La paura è normale quando è suffragata da un dato di pericolosità reale che spesso non c’è. La percezione del pericolo, anche se il pericolo è oggettivamente inesistente, ci rende più fragili. I social, sono una fonte di apprensioni. Ci aggiungiamo il “sentito dire”, che non fa meno danni. E’ stupefacente quanta gente abbocchi a quello che viene detto da familiari, amici o conoscenti. Questa dinamica di comunicazione assume aspetti dominanti rispetto alla realtà. Quando le emozioni prevalgono sulla ragione si genera il problema.

D. Gli ultimi due anni sono stati decisamente faticosi. In questo periodo i “discorsi da bar” hanno preso una deriva decisamente pericolosa. Paure, concetti strampalati fino ad arrivare a veri e propri episodi di violenza incontrollata tra diverse fazioni. Sto parlando dei vaccini e di quanto hanno scatenato. Cosa è successo?
R. Vogliamo guardare a quello che è successo per i vaccini? Il vaccino è un farmaco e i farmaci hanno effetti positivi e negativi  e occorre bilanciarne le conseguenze. E’ arrivato un virus nuovo, il Coronavirus, e non se ne capiva l’origine. Scrissi, proprio all’inizio della diffusione virale: ci saranno quelli che diranno che questo virus è stato prodotto in laboratorio, per poter combattere le forze nemiche infettandole.
E’ stata elaborata, invece, l’ipotesi che la trasmissione avvenisse tramite animali, ricordando che i virus del morbillo, del raffreddore, della varicella, del vaiolo e dell’influenza hanno origine animale. Ricercatori francesi hanno riscontrato che in alcune grotte del Laos, una varietà di pipistrello è portatore di un virus che appartiene alla famiglia dei coronavirus; lo sterco di questi volatili viene utilizzato come fertilizzante e viene commercializzato. Tornando al nostro argomento è successo che abbiamo una pandemia causata da un nuovo virus e un farmaco, il vaccino, prodotto velocemente grazie a ricerche avviate decine di anni fa.
Rapidamente, è stato messo a punto un nuovo vaccino che ha creato dubbi e paure. Le domande su cosa succederà tra un anno, due o dieci, sono state supportate da pareri di personaggi, chiamiamoli “esperti”, ai quali sarebbe opportuno, chiedere quali siano state le fonti delle tesi proposte. “L’Rna modifica il nostro Dna”, si è affermato; bene, dove sono le ricerche che lo dimostrano? Se sono solo annunci non ci si può permettere di esternarli. C’erano “esperti” che, a fine maggio del ’20, dichiaravano che il virus era clinicamente morto, senza dimostrazioni scientifiche a sostegno della tesi. Se non si adotta il metodo scientifico, è meglio tacere. Si è scritto che col vaccino veniva iniettato un chip che modificava le nostre volontà. Questa bufala è nata da una battuta scherzosa su un sito internet, ma ha fatto rapidamente il giro dei social, è diventata “virale”, sicchè le persone aveva davvero paura della vaccinazione. Altra bufala: un ricercatore spagnolo sosteneva di aver analizzato un campione di una soluzione antivirale nel quale era contenuto grafene. Anziché proseguire nella ricerca ampliando il numero di campioni da esaminare, ha pubblicato un post, scatenando il panico. Ricordo questi episodi per rendere l’idea di come la scarsa e cattiva informazione possa scuotere la pubblica opinione. C’è chi ha preferito ammalarsi. I dati da prendere in considerazione sono molto semplici. Gli italiani sono 60 milioni: quanti sono i morti accertati causa vaccino? 27. Quanti per Covid? 166.000. Quanti positivi al Covid: 17 milioni. Facciamo le debite proporzioni e traiamo le conclusioni.

D. Bene anche rispetto al Covid abbiamo visto come tra la paura per un pericolo reale e quella percepita ci sia una differenza sostanziale. Cambiamo discorso sempre rimanendo nel nostro ambito e parliamo di un altro argomento, di cui si è occupato, che riguarda la violenza, ma questa volta quella reale. La violenza adottata dagli stati nazionali: la gestione dei confini tra Polonia Lituania, Bielorussia. Quello che sta succedendo tra Russia e Ucraina. Le notizie che ci arrivano fanno pensare a un discorso diverso e a un pericolo “reale”.
R. Sì, qui parliamo di un tipo di violenza decisamente pericoloso per gli equilibri mondiali. Tutto nasce dalla caduta del muro di Berlino nel 1989. L’Unione Sovietica si è dissolta, molti stati che facevano parte del blocco sovietico sono diventati indipendenti e alcuni sono entrati a far parte dell’Ue. L’Urss si è divisa in tante repubbliche e questa suddivisione soffre di un difetto: sono state modellate mettendo insieme diverse etnie; ad esempio l’Ucraina, che è al centro della tensione odierna, ha una componente russofona e una di etnia ucraina.
La Russia, che ha problemi geopolitici, ha ritenuto opportuno attivare una formula predatoria, nei confronti dell’Ucraina: la Crimea che faceva parte dell’Ucraina, nel 2014 è stata invasa dalla Russia. Ora, di nuovo una aggressione all’Ucraina. La Russia non  accetta che un Paese, una volta libero, possa decidere come gestire la propria indipendenza.
L’Europa è in pace da 77 anni, non ricordo un periodo così lungo senza guerre mondiali. Siamo inoltre l’area dove il 6% della popolazione globale produce il 22% della ricchezza mondiale e spende per il welfare il 50%. Non c’è un altro luogo al mondo che ha queste caratteristiche, neanche gli Stati Uniti o la Cina. L’Europa attira l’Ucraina che guarda a noi come area di benessere a cui voler accedere, così come guarda all’Europa la popolazione africana o del Pakistan o del Bangladesh.

D. Questa è la paura che noi abbiamo dello straniero, “strano, estraneo, nemico”. Ma noi non siamo in una situazione di fragilità tale da aver paura dello straniero. Questa paura viene montata dai media e dai partiti. E’ la paura, sollecitata, che qualcuno entri nel nostro insieme culturale cambiandone le caratteristiche.
R. A me pare che l’immigrato venga al limite accettato a patto che sia gerarchicamente inferiore a noi: la badante ucraina va bene, il medico nigeriano forse non ci piace. Nascono lavori per stranieri, quartieri per stranieri. La donna viene eventualmente accolta quando riproduce uno stereotipo che a qualche maschio italiano fa ancora comodo. Parlo della moglie angelo del focolare e casalinga, un ruolo che le donne occidentali hanno contrastato. Alcune donne migranti, vinte dal bisogno, offrono questo modello.
Senz’altro.  Ho discusso ampiamente, in altre sedi, sulla paura dello straniero. Risulta che a casa abbiamo come personale di servizio la straniera di turno: la filippina, l’ucraina, la badante ecuadoriana che accudisce i nostri anziani. Ma allora l’invasione dov’è? Non è forse il caso di includere gli stranieri nel nostro ciclo produttivo? Se al nord, nel bresciano, c’è il 15% di operai che sono stranieri ci sarà un motivo. Gli italiani, certi lavori non li vogliono fare. Come dicevi, si accetta lo straniero gerarchicamente inferiore.

D. Come possiamo difenderci da queste paure?
R. Con la ragione, ma è un percorso difficile perché spetta ai mezzi di comunicazione di massa fare il lavoro basilare. Lo Stato possiede diversi canali televisivi. Sono diversi centri di informazione e di educazione importanti perché l’informazione passa attraverso la televisione. E’ un processo lungo, perché bisognerebbe formare gli insegnanti e gli studenti. Occorre abituare gli studenti a seguire il metodo scientifico. Questo consentirebbe ai cittadini di non credere alla prima bufala, poichè sorgerebbe subito la domanda: “Dimostramelo!” La paura viene meno dal momento in cui si ragiona con questo metodo. Questi i due percorsi: canali informativi e scuola. Solo la ragione ci può aiutare ad avere meno paura.

(Sintesi dell’intervista a Primo Mastrantoni, a cura di Mauro Carosio, pubblicata sulla rivista semestrale “Varchi, tracce per la psicoanalisi”, Anno XIV – n.26. Primavera-Estate 2022)

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Fonte: Sicurezza reale percepita. Intervista

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