Matteo Salvini, ministro dell’interno e autoproclamato primo ministro vicario, pochi giorni fa, ha convocato le parti sociali (confindustria e sindacati) per il 15 luglio. La riunione che si terrà alle 10 al Viminale sarà la “giornata di ascolto, confronto e proposta sulla crescita del paese”.
Una cosa deve essere puntualizzata. Con quale “autorità” Salvini convoca le parti sociali visto che istituzionalmente le competenze necessarie dovrebbero essere del primo ministro Conte, del ministro dell’economia e delle finanze Tria, del ministro del lavoro e dello sviluppo economico Di Maio? Lo fa, forse, perché è il “capo” della Lega? Lo fa in un delirio di onnipotenza che lo fa sentire il personaggio più importante del governo?
Comunque lunedì prossimo ci sarà questa riunione e CGIL, CISL e UIL hanno annunciato che “andranno a sentire”. Questa partecipazione oltre ad essere qualcosa di strano è un errore. Un errore inquietante, appunto, perché con questa partecipazione si avvalla l’egocentrismo e l’arroganza di Salvini. Lo si accredita ufficialmente come unico interlocutore. Una sorta di “duce” con il quale bisogna trattare su tutto, anche su temi e competenze che, istituzionalmente, non gli competono. Gli altri ministri e il governo perdono importanza, diventano “burattini” che non contano niente e che, in definitiva, sono inutili. Non è solo uno sgarbo istituzionale ma la certificazione che chi comanda in Italia è Salvini?
E non si venga a dire, come hanno fatto i segretari di CGIL, CISL e UIL “La controparte non si sceglie e, se chiama, si risponde e ci si confronta”, perché Salvini non è la “controparte”, non è “il governo”, non è “il comandante”. A meno di non aver scelto (e sarebbe qualcosa di pericolosamente poco democratico) Salvini come l’unico che può scegliere a prescindere, quello che decide tutto scavalcando qualsiasi ruolo e istituzione, governo e parlamento.
Si badi bene, non è solo una questione di metodo stravagante o poco ortodosso, è una questione principalmente di merito.
Chiediamo a CGIL, CISL e UIL di disertare la riunione, di rispondere con un no deciso alla convocazione del ministro dell’interno, di non accettare che Salvini diventi, di fatto, “l’uomo della provvidenza” di questa nostra povera Patria.