Rete Ambientalista: “La popolazione di Spinetta Marengo è contaminata da Pfas”

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spinetta marengo
A Spinetta Marengo gli scienziati del CHU -policlinico universitario di Liegi (Belgio) e dell’Università di Liegi

Spinetta Marengo, la popolazione è contaminata da Pfas, PerFluorinated Alkylated Substances. È la Rete Ambientalista a lanciare l’allarme: “Le analisi del sangue parlano chiaro”, dicono.

“Oggi, 17 agosto 2022, gli scienziati del CHU – policlinico universitario di Liegi, in Belgio – e dell’Università di Liegi, nelle persone della dottoressa Corinne Charlier, della dottoressa Catherine Pirard e del Dottore Gauthier Eppe, hanno incontrato a Spinetta Marengo le persone che a marzo si erano sottoposte a prelievo del sangue. Lo scopo è stato di illustrare il risultato dell’indagine epidemiologica condotta, nel rispetto della privacy.

I risultati di queste ricerche permettono di affermare che la popolazione di Spinetta Marengo è significativamente più contaminata sia dai cosiddetti vecchi che dai nuovi PFAS: Pfoa, C6O4, ADV. Clicca qui il rapporto “semplice” di questi ricercatori.

Il rapporto scientifico si inquadra nell’inchiesta, alla quale abbiamo collaborato con Claudio Lombardi come Comitato Stop Solvay e Movimento di Lotta per la salute Maccacaro, avviata nel mese di marzo 2022 quando i giornalisti e gli operatori della trasmissione “INVESTIGATION”, della RTBF , televisione nazionale belga, hanno incontrato la popolazione nel sito in cui lavora e produce Pfas lo stabilimento Solvay Specialty Polymers S.p.A.

Per questo lavoro giornalistico, un gruppo di abitanti di Spinetta Marengo, nonché per riscontro di residenti ad Alessandria in zona adeguatamente distante dallo stabilimento Solvay, ha accettato di sottoporsi ad una indagine epidemiologica per valutare se questi PFAS (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate) spesso chiamati inquinanti eterni si trovano in quantità importante nel sangue della popolazione che vive vicino al polo chimico. Il sangue di questi due gruppi di persone, è stato analizzato dagli scienziati dell’Università di Liegi. I risultati sono drammatici e inequivocabili.

Il reportage dell’indagine, che ha come oggetto l’impatto del polo chimico sulle condizioni di salute della popolazione di Spinetta Marengo sarà trasmesso inizio settembre in Belgio, e divulgato su questo Sito.

Le patologie, tra cui il tumore maligno alla tiroide, sono confermate dalle mie recenti analisi del sangue dei composti perfluorurati (Pfas). Per le lesioni e i danni, dunque mi costituirò parte civile in Tribunale nei confronti della Solvay che a Spinetta Marengo li produce e diffonde in acque suolo aria. Con me potranno farlo quanti, aderendo alla nostra Iniziativa di marzo con l’Università di Liegi, hanno riscontrato nelle analisi le preoccupanti concentrazioni di Pfas (PFOA, C6O4, ADV) e dunque sono stati colpiti e/o sono a rischio per queste bioaccumulabili e indistruttibili sostanze tossiche cancerogene mutagene: malattie della tiroide, cancro ai testicoli, cancro ai reni, fegato, disturbi del sistema immunitario, colesterolo, infertilità, colite ulcerosa, ipertensione indotta dalla gravidanza, ipercolesterolemia, disturbi dell’apprendimento nei bambini eccetera. Potrà farlo la popolazione lavorativa e residente di Alessandria qualora sottoposta a screening di massa, così come rivendichiamo alle istituzioni da almeno quindici anni e ripetiamo con l’attuale Raccolta di firme.

Cloroformio nelle cantine: chiudere le produzioni o le cantine?

L’Arpa ha riscontrato cloroformio e altri inquinanti non solo sparati dalle ciminiere ma anche la loro presenza nelle cantine delle abitazioni di Spinetta Marengo: la falda che scorre sotto il sobborgo rilascia i veleni addirittura in superficie e lo fa, secondo gli studi e le analisi di Arpa, introducendo i suoi vapori anche attraverso le fondamenta delle case. “Sicuramente interverremo,” promette il sindaco Giorgio Abonante “porremo delle condizioni di uso delle cantine in modo tale che le persone sappiano che se non le rispettano rischiano la salute”. Abbiamo capito bene? Il sindaco non ha intenzione di vietare a Solvay gli scarichi in falda degli inquinanti bensì di disciplinare l’accesso delle cantine agli abitanti. Distribuendo cartelli “PERICOLO DI CLOROFORMIO. MUNIRSI DI MASCHERINE ” da apporre all’ingresso delle cantine?

Solvay, attenta ai progetti “ambiziosi” del sindaco

Non avevamo espresso sufficienti aspettative a favore del candidato sindaco Giorgio Abonante in merito alla soluzione del disastro ecosanitario del polo chimico Solvay di Spinetta Marengo. In forza di due fondati pregiudizi. Non aveva mai espresso critiche nei confronti della inerte connivenza con l’azienda dell’ultima giunta di centrodestra. La sua lunga militanza politica era in linea con le precedenti giunte a guida PD, addirittura accusate in aula dagli stessi avvocati Solvay di concussione.

Pur nel prevalere dell’astensionismo, eletto con una buona maggioranza (comprendente il M5S al suo minimo storico), Abonante non ci ha smentito nella sua prima intervista sul tema. Premessa la lode all’azienda: “nessuno nega quello che è stato fatto, perché è sotto gli occhi di tutti, è un patrimonio che gli si riconosce”, premesso che “anche noi vogliamo che Solvay aumenti la produzione” del Pfas C6O4 piuttosto che eliminarlo, Abonante ammette aggiustamenti forse perfezionismi: “Non dico una soluzione definitiva, ma comunque un miglioramento della condizione ambientale e sanitaria”. Allo scopo, Abonante rivela due progetti, che definisce “ambiziosi”. Uno è di chiedere un appuntamento con il presidente della Regione, Alberto Cirio, molto noto quale cerbero della multinazionale belga. Con il quale “discuterà anche di un viaggio in Belgio dai soci della Solvay per discutere di come intervenire in modo più forte e significativo”. L’altro è mussolineamente definito un “imperativo categorico “: “Sapere quali sono le condizioni di salute dei cittadini. Che questo poi dipenda dal polo chimico, dal traffico, dai problemi della Pianura Padana, lo vedremo in un secondo momento”. Abbiamo capito bene: non sta parlando specificatamente di indagine epidemiologica mirata su cause-effetti degli avvelenamenti di Solvay. Infatti neppure di sfuggita cita la necessità di esami del sangue di massa della popolazione alessandrina per i Pfas, come dovrebbe quale massima autorità sanitaria locale.

Un partito da non votare.

I Verdi ad Alessandria hanno segnalato la loro inesistenza. Interrompono la catalessi al fine di presentarsi, come “Europa Verde-Verdi Alessandria”, alle elezioni. Usano come pretesto il monitoraggio Arpa delle acque di falda relativo alla Solvay di Spinetta Marengo. Benché questo monitoraggio del drammatico inquinamento altro non è che la ripetizione dei precedenti, improvvisamente i Verdi si sdegnano e decidono di rompere il (loro) silenzio: non è più tollerabile che i nostri concittadini siano esposti ad inquinanti 12 volte oltre il limite consentito dalla legge.

Adesso basta. Chiedono forse la chiusura della fabbrica? No, esprimono fiducia e collaborazione alla dirigenza della Solvay alla quale chiedono di mostrare a tutte le cittadine ed i cittadini quanto è stato fatto sino a oggi. Insomma imputano a Solvay un difetto di comunicazione rispetto agli ottimi risultati di miglioramento ambientale conseguiti a suon di investimenti.

Pfas, gli inquinanti eterni sono ovunque, anche nella carta igienica

L’ha scoperto un nuovo test di Mamavation negli Stati Uniti. La ricerca è stata condotta in laboratorio certificato dall’Agenzia per la Protezione Ambientale, l’equivalente delle nostre ARPA (equivalenza solo nominale perché in Italia, Piemonte docet, neppure gli screening del sangue vengono fatti, figuriamoci i test sulla nocività delle carte igieniche). Si tratta comunque, come specifica il test, di livelli bassi di Pfas, il che indica che non vengono aggiunti di proposito alla carta igienica, ma la possono contaminare inavvertitamente attraverso la produzione o l’imballaggio. A dimostrazione che, come rivela un’altra indagine di EHN.org, i PFAS si trovano ormai davvero dappertutto, dall’abbigliamento sportivo ai trucchi, bioaccumulabili e indistruttibili. Ciò non significa che non ci sia pericolo derivante dalla carta igienica, infatti dagli studi condotti sull’esposizione cutanea ai Pfas: Una ricerca, ad esempio, ha scoperto che l’esposizione cutanea al PFBA ha effetti nocivi sul fegato e ha mostrato risultati simili all’esposizione orale al PFBA e al PFOA; un altro studio, invece, che ha esaminato i PFAS nei seggiolini per auto ha rilevato che i PFAS possono migrare dal tessuto al sudore, suggerendo un potenziale rischio di esposizione cutanea; un altro studio ancora ha scoperto che l’esposizione cutanea è simile all’esposizione orale al PFOA e può essere immunotossica.

Cercare i Pfas nel sangue prima di avere figli

Ad auspicarlo è il medico Giovanni Fazio uno degli esponenti di spicco della rete ambientalista vicentina che denuncia il mancato potenziamento dei consultori familiari. Fazio spiega che sarebbe importantissimo che fosse data la possibilità di cercare i Pfas nel sangue delle coppie prima che queste decidano di avere dei figli. Un approccio, spiega, che dovrebbe valere in primis per chi vive o lavora anella cosiddetta zona rossa. Invece la Regione Veneto pone un sostanziale divieto di eseguire esami del sangue ai soggetti a rischio Pfas. In Piemonte l’argomento non è neppure accennato.

Le mamme No Pfas: vogliamo lo studio epidemiologico sulle donne in gravidanza

Durante l’udienza del processo a Vicenza, la dottoressa Francesca Russo, direttore Prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria della Regione Veneto, ha esposto le statistiche sugli effetti della contaminazione da PFAS sulle donne in gravidanza. (i dati qui consultabili).

Purtroppo manca lo studio epidemiologico deliberato nel 2016, ora più che mai necessario. L’urlo di protesta delle mamme No Pfas lo chiede a gran voce: “Nonostante le richieste della Commissione ecomafie, la Regione Veneto non ha mai chiarito i motivi per i quali lo studio non è mai partito e in aula nessuno ne ha fatto cenno. Noi invece continuiamo a chiederlo con forza, certi che fornirà un contributo fondamentale a questo processo, chiarendo in modo inequivocabile la responsabilità delle persone che hanno causato questo enorme disastro”. In Piemonte nessun cenno di studio.

Nuovo studio epidemiologico promosso da ISDE su PFAS e fertilità maschile

L’esposizione verrà valutata sia tramite il dosaggio dei PFAS nel sangue e nel liquido seminale, sia valutando se c’è stata esposizione ai PFAS ancora prima di nascere, nella vita fetale, durante la gravidanza materna.

Altro obiettivo di Isde Veneto è verificare la possibilità di rilevare delle soglie di tossicità, in termini di concentrazione ematica, al di sopra delle quali il rischio di danni alla fertilità maschile è più probabile; questo consentirebbe la possibilità di elaborare alcuni semplici criteri che permettano poi di identificare, in tutta la popolazione generale maschile non solo della zona rossa, in età fertile, ed esposta ai PFAS, i soggetti a rischio di compromessa fertilità maschile.

Il messaggio degli scienziati è chiaro: i cittadini vanno sottoposti a screening per i Pfas

Il prestigioso Journal of Hepatology Report ha pubblicato uno studio che dimostra come l’esposizione ai Pfas aumenti il rischio di cancro al fegato negli esseri umani, la forma più comune nota come carcinoma epatocellulare non virale. Gli scienziati hanno trovato le prove che il PFOS altera il processo del metabolismo del glucosio, il metabolismo degli acidi biliari e il metabolismo di alcuni aminoacidi – molecole che si fondono per formare proteine – nel fegato. Il carcinoma epatocellulare è responsabile di circa l’85% di tali casi di cancro, che è stata la quinta e la settima causa di morte per cancro rispettivamente tra uomini e donne statunitensi; tra i tumori più mortali con un tasso di sopravvivenza a cinque anni inferiore al 20%.

Sottolineando la “necessità urgente di identificare i fattori di rischio” per questo cancro mortale, dal rapporto pubblicato dalle National Academies of Sciences, Engineering and Medicine giunge un forte richiamo alle agenzie della salute degli Stati Uniti a muoversi rapidamente per avviare test ampi sulle persone esposte ai Pfas. A questo richiamo sono sorde totalmente la sanità del Piemonte e parzialmente quella del Veneto dove, nonostante le richieste da parte di cittadini e associazioni, solo gli abitanti della zona rossa vengono sottoposti a specifici test.