Spurghi sversati nei tombini, oltre 100 episodi avvenuti tra Arcugnano, Castegnero, Caldogno, Creazzo, Torri e Vicenza

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Nella mattinata odierna, i militari del Comando Provinciale Guardia di Finanza di Vicenza hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il locale Tribunale, cautelando sei autobotti utilizzate per gli spurghi delle fosse biologiche e perquisendo cinque aziende operanti in provincia nel settore della raccolta e smaltimento delle acque di scarico, i cui titolari/soci sono indagati per ipotesi di reato ambientale.

In particolare, alcuni mesi fa le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno intrapreso un’attività investigativa finalizzata alla prevenzione e al contrasto di illeciti in materia ambientale, volta a verificare il corretto smaltimento dei rifiuti liquidi (reflui) prelevati dalle fosse biologiche di abitazioni private ed aziende.

Le indagini hanno portato ad accertare che, in oltre 100 episodi avvenuti nei Comuni di Arcugnano (VI), Castegnero (VI), Caldogno (VI), Creazzo (VI), Torri di Quartesolo (VI) e Vicenza (nel video le inquietanti immagini ndr), gli operatori alla guida di autobotti utilizzate per lo spurgo dei pozzi neri, di proprietà di cinque imprese vicentine specializzate, invece di smaltire correttamente il rifiuto liquido presso i previsti impianti di depurazione autorizzati presenti sul territorio, hanno illecitamente sversato i liquami trasportati, costituiti da reflui urbani di provenienza domestica appena prelevati, nei pozzetti e/o tombini della rete fognaria pubblica.

La vigente normativa ambientale prevede che tutti i liquami che vengono riversati in vasche (fosse biologiche o pozzi neri), sia da parte delle aziende che delle abitazioni private, una volta caricati su un idoneo mezzo di trasporto (nel caso di specie, autobotti di imprese di spurgo), devono essere tempestivamente conferiti ad un impianto di trattamento di rifiuti liquidi. Nelle varie fasi del trasporto, dal produttore/detentore al sito di trattamento, i rifiuti devono essere obbligatoriamente accompagnati dal F.I.R. (Formulario Identificazione Rifiuti), che è un documento che garantisce la tracciabilità del relativo flusso, nonchè la trasparenza in ordine all’identificazione e ai costi di smaltimento dei rifiuti stessi.

Dalle investigazioni è invece emerso che gli indagati svuotavano le fosse biologiche di abitazioni ed aziende che ne avevano necessità e, per risparmiare sulle spese di smaltimento, sversavano i liquami nella rete fognaria comunale, senza compilare alcun Formulario Identificazione Rifiuti, evadendo al contempo il fisco poiché, in parallelo, normalmente non è stata emessa ai clienti alcuna ricevuta fiscale.

Per tali condotte, M.M., cinquantaduenne, M.M., venticinquenne, C.W., cinquantunenne, E.G., cinquantanovenne, S.A., quarantaduenne, F.L., cinquantunenne, B.D., quarantatreenne e B.V., trentaseienne, tutti residenti in provincia e, a vario titolo, titolari/soci delle citate cinque imprese vicentine operanti nel settore della raccolta e smaltimento delle acque di scarico, sono stati denunciati alla locale Procura della Repubblica per avere gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti. Nel corso delle investigazioni, inoltre, è stato riscontrato che, al fine di ridurre illegalmente i costi aziendali, una delle imprese investigate si approvvigionava di acqua pubblica sottraendola da idranti antincendio siti nel territorio provinciale, così concretizzando la fattispecie di reato di furto aggravato d’acqua.

La ricostruzione investigativa effettuata dai finanzieri, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Vicenza, è stata valutata pienamente attendibile dal Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale che, condividendo la prospettazione accusatoria, ha emesso un Decreto di sequestro preventivo delle sei autobotti utilizzate per commettere gli illeciti (di valore complessivo di circa 400.000 euro), provvedimento magistratuale che è stato eseguito contestualmente ad attività di perquisizione presso le imprese coinvolte.

L’operazione di servizio, denominata “CLOACA”, si inquadra nella costante azione del Corpo a contrasto dei crimini a danno dell’ambiente, atteso che i rifiuti liquidi illecitamente riversati nella rete fognaria possono provocare un danno ambientale, gravando dell’eventuale bonifica gli Enti territoriali interessati con conseguente onere per il bilancio pubblico (dato che i frequenti intasamenti dei pozzetti di ispezione e delle caditoie fanno lievitare anche i costi di pulizia e smaltimento, che vengono sostenuti dall’Ente nel cui territorio viene illecitamente smaltito il rifiuto), e in modo trasversale si pone a presidio della tutela del mercato e della libera concorrenza, considerando che le aziende operanti in modo irregolare sono in grado di proporre alla clientela prezzi fortemente ribassati, decurtando i costi fissi che comporta un illecito smaltimento, nonchè a contrasto dell’evasione delle imposte dirette e IVA, realizzata in parallelo alle condotte a spregio dell’ambiente, per il mancato rilascio della documentazione fiscale relativa alle prestazioni di servizio rese ai privati dietro corrispettivo e, quindi, per l’omessa indicazione in dichiarazione dei pertinenti ricavi e della relativa base imponibile.