Stati Uniti, in un anno la cannabis legale ha generato oltre 100.000 nuovi posti di lavoro

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Stati Uniti e cannabis, incremento posti di lavoro
Stati Uniti e cannabis, incremento posti di lavoro

Mentre in Italia la Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di referendum per la legalizzazione della cannabis, negli Stati Uniti il settore fa registrare una crescita notevole. È quanto emerge dai dati pubblicati nel Jobs Report di Leafly, in collaborazione con Whitney Economics; nel report, in particolare, si legge che “nel secondo anno della pandemia da Covid-19, l’industria americana della cannabis ha fatto registrare vendite per quasi 25 miliardi e creato più di 107.000 nuovi posti di lavoro”.

Una crescita annua superiore al 30%

In sede di presentazione, il rapporto stilato da Leafly sottolinea come l’industria della cannabis legale, negli Stati uniti, abbia prodotto “un incremento del 33% dei posti di lavoro in un solo anno”; il dato coincide con “il quinto anno consecutivo la cui crescita annuale è superiore al 27%”, a testimoniare come il comparto stia attraversando una fase di notevole espansione. Non a caso, il report evidenzia come “nessun’altra industria americana regge il confronto”; a ulteriore riprova di come il settore goda di ottima salute, durante il 2021, ha prodotto oltre 280 nuovi posti di lavoro ogni giorno. Nel corso degli ultimi cinque anni, infatti, il numero dei lavoratori impiegati dagli operatori di settore è passato dai 122.800 del 2017 ai 428.059 di quest’anno.

Un mercato da 25 miliardi di dollari

Come già accennato, il mercato della cannabis legale negli Stati Uniti ha sfiorato, nel 2021, i 25 miliardi di dollari. Il report di Leafly, nello specifico, riferisce che “gli undici mercati di prodotti per adulti attivi e i 27 stati in cui l’uso è soltanto medico hanno venduto, complessivamente, cannabis per un valore di 24,6 miliardi di dollari”.

Il maggior mercato americano resta quello della California, sia per produzione che per numero di posti di lavoro. Ogni anno, il “Golden State” produce cannabis per 5 miliardi di dollari, grazie ad una filiera che impiega 83.000 lavoratori. Segue, seppur a distanza, il Colorado (in cui l’uso ricreativo della cannabis è consentito da 8 anni) con 2,2 miliardi di dollari di vendite e 38.000 posti di lavoro. Completa il podio il Michigan (31.152 posti di lavoro).

Secondo le previsioni per l’anno in corso, infine, sarà il New Jersey a far registrare il più alto tasso di crescita (+74%), seguito da Illinois (+58%) e Pennsylvania (+57%).

Il raffronto degli Stati Uniti con la situazione italiana

La situazione del mercato americano della cannabis è molto diversa da quella italiana; la recente pronuncia della Corte Costituzionale, che ha bocciato la proposta di referendum per la legalizzazione, ha cancellato una delle possibili strade verso un adeguamento dell’attuale quadro normativo.

Attualmente, infatti, nel nostro paese, oltre alla cannabis medica – destinata ad usi terapeutici – vengono commercializzati i derivati ‘light’ della canapa, reperibili anche online, tramite e-commerce specializzati come quello visitabile all’indirizzo https://prodotti-cannabis.it/. Si tratta di un mercato di nicchia, seppur in crescita, rappresentato principalmente da cannabis a basso contenuto di THC, da cui la definizione (prettamente commerciale) di prodotto ‘light’. In base a quanto stabilito dal Ministero della Salute, infatti, il limite massimo di principio attivo ammissibile è 5 mg/kg, ossia lo 0,5% del peso.

Nel rispetto di tale soglia, i derivati della canapa (Cannabis sativa linneus) vengono considerati sostanzialmente innocui, in quanto privi di effetti stupefacenti ed incapaci di cagionare dipendenza o assuefazione. La produzione della cannabis ‘light’ è regolamentata dalla Legge n. 242 del 2016 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” e in vigore dal 2017. Un possibile aggiornamento normativo sarebbe potuto arrivare dal recente decreto interministeriale sulle piante officinali, adottato dal Ministero delle politiche Agricole, dal Ministero della Salute e dal Ministero della Transizione Ecologica ma il provvedimento ha semplicemente rimandato alla legislazione vigente, lasciando immutato il quadro normativo preesistente.