La Polonia si avvia verso l’uscita dalla Unione europea.
Stando alle decisioni che sono state assunte dalla Corte Costituzionale polacca, infarcita di nomine governative, il percorso è già segnato, poiché si ribadisce l’autonomia legislativa nazionale su quella comunitaria.
In questo modo si mina alla base quello che è il pilastro fondamentale sul quale si è costituita l’UE: il rispetto delle norme concordate e approvate da tutti i Paesi membri.
Inizia, così, un percorso fatto di sentenze che vengono contestate dalla Commissione europea, che il governo polacco impugna, per cui si ricorre alla Corte di giustizia europea, i cui verdetti, però, non sono riconosciuti.
Attualmente sono aperte 193 procedure di infrazione comunitarie, delle quali 21 riguardano lo Stato di diritto e la giustizia.
Per comminare le sanzioni la Ue ha bisogno della unanimità di voto degli altri Stati comunitari e qui si innesca il gioco delle parti tra Polonia e Ungheria che vota contro le sanzioni, ricevendone eguale favore.
I polacchi sostengono fermamente l’adesione alla Ue ma votano per partiti che fanno di tutto per allontanarsene. I benefici dei fondi europei hanno fatto la differenza nell’economia polacca, uscita stremata da decenni di subordinanza all’Urss, ma questo non ha convinto i polacchi a votare per i partiti filoeuropei. Occorrerà stringere i cordoni della borsa comunitaria e, probabilmente, si accorgeranno dell’importanza e dei vantaggi dello stare insieme.
Purtroppo non esiste un meccanismo normativo che consenta di espellere la Polonia – o altri Stati- dall’Unione europea ma la decisione spetta ai singoli Paesi, come è avvenuto con la Brexit, i cui effetti dovrebbero far riflettere il governo e i cittadini polacchi.
La domanda da porre è semplice: volete impoverirvi?
Primo Mastrantoni, Aduc