Improvvisamente l’Europa si è accorta che la sicurezza dell’approvvigionamento delle fonti energetiche, sulle quali si era cullata per anni, non è certa, che la transizione energetica ha tempi lunghi e che le decisioni di privilegiare una fonte non è così semplice come si pensava.
La ripresa economica e le tensioni ai confini ucraino-russi hanno fatto lievitare il costo dei combustibili e, a cascata, su tutti i prodotti di consumo.
Decarbonizzare è il traguardo che si è posta l’Unione europea, di qui al 2050, ma altrettante misure sono necessarie per l’integrazione energetica europea e per la diversificazione delle fonti esterne di approvvigionamento. Da subito, per esempio, si possono costituire riserve di gas comuni pronte per l’emergenza.
Ieri la Commissione europea ha dato il via libera all’utilizzo del gas e del nucleare come fonti utili per la transizione energetica.
Sul nucleare ci sono posizioni differenti.
La Francia ha annunciato la costruzione di nuove centrali e il potenziamento di quelle vecchie, Finlandia, Paesi Bassi e Polonia progettano nuove centrali, mentre la Germania chiuderà le proprie centrali entro quest’anno, il che comporterà maggior ricorso al gas e al carbone e Spagna e Belgio dismetteranno le centrali nucleari entro il 2035.
Insomma, si va in ordine sparso perché manca una politica energetica comune. Che sia necessaria è di tutta evidenza.
Primo Mastrantoni, Aduc