Schengen è lo spazio di libera circolazione senza controlli alle frontiere, uno dei successi proiettati al futuro della costruzione comunitaria: non solo persone e merci, ma anche diritto, economia, salute, difesa/sicurezza e politica, quello che noi federalisti utopisti chiamiamo “Stati Uniti d’Europa”. Schengen fino a poco tempo fa era la cancellazione di code alle dogane, esibizione di passaporti, barriere fisiche e fili spinati. Per l’appunto “era”, ché dopo gli attacchi terroristici e la crisi dei migranti del 2015, alcuni Stati hanno reintrodotto i controlli e alcuni non li hanno mai tolti anche per la pandemia.
Secondo la Corte di Giustizia Ue, le deroghe a Schengen non possono durare più di sei mesi (1) e, siccome molti Paesi i controlli li vogliono, ecco che si sta per cambiare la norma. Riflessioni e iniziative perché una norma così determinante per la costruzione del federalismo europeo non è gradita… troppi problemi… si fa prima a riaffermare il potere decisionale degli Stati nazionali, ché altrimenti si compromette la politica internazionale e non federalista dell’Unione.
All’insegna di “modernizzare Schengen” (slogan e impegno dell’attuale presidenza francese) i sei mesi di deroga diventerebbero infiniti, con obiettivo principale la chiusura delle frontiere esterne ai migranti (2): ogni singolo Stato applicherebbe con propria decisione meccanismi di solidarietà che godranno di contributi finanziari, dando priorità a chi ha diritto a protezione internazionale e ai più vulnerabili rispetto ai cosiddetti migranti economici; chi non accetta migranti sul suo territorio potrà contribuire finanziariamente o logisticamente a questa politica. Sembra l’istituzionalizzazione e generalizzazione del “modello” (disperazione umana, economica e politica) delle isole greche: tenere migranti da espellere e richiedenti asilo ai confini esterni dell’Ue.
Cambiare tutto per generalizzare e istituzionalizzare il peggio che prima era circoscritto.
Queste le intenzioni francesi per dire sostanzialmente “adieu” a Schengen. Al momento non si sa – tipo Germania (3) – quali siano le intenzioni di chi invece vorrebbe solo dire “goodbye”. A fronte anche di quanto in corso in Polonia, principale Paese di accoglienza degli sfollati e profughi ucraini, esperienza per la quale una certa voce in capitolo avrebbe valore.
1 – sentenza contro l’Austria
2 – fonte: “Europa Ore 7”, che specifica alcuni punti della “riforma”: governance (ndr che sta sempre bene ovunque…), meccanismo di valutazione, frontiere interne e esterne, cooperazione di polizia, banche dati, rimpatri e visti.
3 – punto di riferimento delle politiche di accoglienza dei migranti
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Fonte: Stati Uniti d’Europa. Schengen adieu o goodbye. Cambiare verso il peggio?