E’ comodo avere magistrati al proprio servizio, pronti ad emettere sentenze contro chi dissente e a favore del potere costituito, ma questo non è possibile in uno stato democratico: la magistratura deve essere autonoma dal potere legislativo (parlamento) ed esecutivo (governo). Non devono pensarla così la Polonia e l’Ungheria. Quest’ultima è stata condannata dalla Corte di giustizia europea perché nega la indipendenza della magistratura.
Come accettato nel momento di entrata nella Unione europea, gli atti normativi comunitari sono sovraordinati a quelli nazionali, vale a dire che la norma europea ha maggior valore di quella nazionale. La Corte suprema ungherese, infarcita di nomine governative, vuole sanzionare i giudici che applicano le direttive comunitarie e disattendono quelle nazionali in contrasto con quelle europee. Nonostante l’Ungheria sia entrata nella Ue ben 17 anni, e ne abbia accettato le regole, è dalla elezione di Viktor Orban a premier che viola l’ordinamento comunitario negandone la primazia. Orban, però vuole continuare a beneficiare dei contributi dell’Unione europea e, al contempo, disconosce il Trattato istitutivo della Ue.
Ne abbiamo le tasche piene di furbetti che vogliono i nostri soldi e fare come gli pare. Nessuno li trattiene: la porta dell’uscita è sempre aperta.